Vittoria Ferdinandi che dirige il ristorante dei "Numero zero": «Loro al centro, esperienza straordinaria»

Vittoria Ferdinandi che dirige il ristorante dei "Numero zero": «Loro al centro, esperienza straordinaria»
di Vanna Ugolini
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Sabato 19 Dicembre 2020, 10:17 - Ultimo aggiornamento: 22 Dicembre, 00:12

La sua idea è un passo in avanti rispetto ai progetti di inserimento delle persone con problemi psichiatrici. «Di solito queste persone sono reinserite lavorativamente in ambienti isolati, dove non hanno molti contatti con il mondo, con la società: sono archivisti, sono magazzinieri. Noi, invece, li abbiamo fatti diventare protagonisti del loro lavoro». Vittoria Ferdinandi è una giovane donna, filosofa esistenzialista, specializzanda in psicologia clinica che un anno fa, a Perugia, insieme all'associazione Realmente, che si occupa di promozione sociale, ha avuto l'idea - e poi l'ha realizzata - di aprire un ristorante in cui potessero lavorare persone con disturbi psichiatrici. Quelli che una volta (e molto spesso anche adesso) vengono chiamati matti. Matti in cucina, dunque, come aiuto-cuoco e anche in sala, come aiuto-camerieri. Un posto in cui ragazzi con sindrome di autismo o che soffrono di psicosi, schizofrenia «possano finalmente sentirsi parte integrante della società e della comunità».

Ha cominciato con sette ragazzi, al mattino seguiti dai servizi sociali, la sera impegnati al "Numero Zero", che ricorda tanto l'indirizzo della casetta cantata da Sergio Endrigo, ma qui siamo al ristorante, e i matti sono il 50 per cento della forza lavoro del locale. Anzi erano, perchè alla fine, prima della chiusura conseguente al lockdown, erano diventati il 70 per cento. Un progetto che è andato avanti per meno di un anno, perchè poi la pandemia ha bloccato tutto.

Il "Numero zero" non può stare aperto a pranzo, perchè i ragazzi devono fare il percorso con i servizi sociali, «con il Centro diurno con cui lavoriamo a Perugia», e, ora, la sera i ristoranti sono chiusi. Anche l'ultimo Dpcm ha tagliato le gambe alla speranza di riaprire presto ma, anzichè cadere nello sconforto, Vittoria ha deciso,  se non proprio di riderci su, almeno di sorriderci, con un piccolo spot sulla pagina facebook del ristorante in cui la mancata riapertura del ristorante viene, comunque, presa col sorriso.

«Il primo lockdown è stato tremendo. Dopo vite trascorse sotto tutela, in comunità, i ragazzi che lavoravano in Numero Zero sono arrivati a intrecciare relazioni e ad avere autonomia. Poi questo percorso si è interrotto. Ho visto le persone cambiare sotto ai miei occhi, mi sono emozionata a guardare i loro cambiamenti, le loro conquiste, il loro aprirsi alla vita. Ho visto una ragazza che non usciva di casa da sei anni, e non mangiava davanti alle persone, venire al risorante e mangiare insieme a noi. Mentre lavoravo a questo progetto mi dicevano che ero la matta e che la cosa non era fattibile, invece ha funzionato e la città aveva risposto benissimo». 

Il progetto di Numero Zero, (che si appoggia alla Fondazione Città del Sole, nata per la la volontà e l'amore della scrittrice Clara Sereni e dello sceneggiatore Stefano Rulli) ha le sue radici negli studi di Vittoria. «Studiavo psicologia - racconta - e leggevo libri su libri in cui viene spiegato che il disturbo psichico non ha solo una origine organica ma è soggetto anche ai condizionamenti ambientali. Poi, però, quando si tratta di passare dalla teoria alla pratica, i ragazzi con disturbi psichiatrici vengono sempre messi in situazioni di isolamento. Noi li abbiamo messi al centro. Ho proposto questa mia idea alla Fondazione Città del Sole e mi hanno preso sul serio. Così è nato Numero Zero»

L'altra faccia di Numero Zero è la ricaduta sociale che ha questo esperimento anche sulla città. «Ci sono tante esperienze come la nostra in tutta Italia ma lavorano soprattutto sulla disabilità fisica più che psichica perchè quest'ultima è vista ancora come una sorta di tabù. Far vedere che con un lavoro integrato questi ragazzi possono "stare al centro", fare una vita di relazioni è importante anche per chi riceve questo messaggio, in una società come la nostra dove, se non sei un "numero uno" non sei nulla e dove la diversità e le fragilità sono viste come qualcosa da isolare»

Vittoria, comunque, non si è voluta fermare del tutto. «Ora ci siamo dovuti fermare, ma solo in parte».  Da lunedì scorso, infatti, si possono ordinare le scatole di Natale che contengono due bottiglie di un vino particolare che nasce dalla collaborazione tra l'Associazione Laboratorio Terrarte e Podere Fontesecca che insieme hanno attivato un progetto che permette ai pazienti psichiatrici del Centro di Salute Mentale del Trasimeno di lavorare i filari per la produzione di questo vino. Un vino con cui sarà possibile dunque brindare alla riapertura di Numero Zero e agli straordinari ragazzi e ragazze che lo animano. 

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