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› COVID

Le Millennials davanti ai cambiamenti climatici: «Non facciamo figli per paura del futuro»

Donna > Mind The Gap > News
Sabato 5 Dicembre 2020 di Maria Lombardi

«E se è una femmina si chiamerà Futura...». Lucio Dalla, altri tempi. Quando del domani si poteva fantasticare con leggerezza, immaginandolo - perché, no - con il nome di una bimba. Che sarà, sarà, più curiosità che ansia, un orizzonte a colori. Adesso vediamo nero, in questo mondo surriscaldato e infetto, tra Climate Change e Covid l'avvenire suona come una minaccia. «Nascerà e non avrà paura nostro figlio», sempre Dalla, 40 anni fa. Chi ci crede più. Supereroi, capitani fiduciosi e coraggiosi quei genitori che scommettono sulla famiglia sfidando le previsioni catastofiche sulla temperatura del pianeta e sul Pil. In tanti lasciano perdere o rinviano, in attesa di tempi migliori. «Non voglio dare alla luce bambini in un mondo morente anche se voglio ardentemente essere una madre», il pessimismo di una donna di 31 anni. «Mi sento come se in buona coscienza non potessi costringere un bambino a cercare di sopravvivere a quelle che potrebbero essere condizioni apocalittiche», una 27enne senza speranza.

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IL SONDAGGIO
Un'angoscia sempre più condivisa, secondo lo studio Eco-reproductive concerns in the age of climate change (Preoccupazioni eco-riproduttive al tempo del cambiamento climatico) che ha coinvolto circa 607 americani tra i 27 e i 45 anni, i tre quarti donne. Il 96,5% si dice «molto» o «estremamente preoccupato» per il benessere dei propri figli. Non è tanto l'impronta di carbonio (ossia la quantità di C02 che si lascia in eredità alle generazioni future) a scoraggiare, quanto la visione di un pianeta al collasso. Paure destinate a moltiplicarsi e a pesare sempre di più sulla scelta della maternità e paternità, prevede Matthew Schneider-Mayerson, dello Yale-NUS College di Singapore, che ha guidato lo studio pubblicato su Climate Charge. «È una finestra senza precedenti sul modo in cui alcune persone pensano e sentono quella che molti considerano la decisione più importante della loro vita», ha spiegato lo studioso. Il pessimismo domina (nel 92% delle risposte), l'ansia da fine del mondo (una terra infuocata, arida e senza più ghiacciai) si affaccia in diversi commenti.
Un sondaggio precedente, sempre del 2020 e tra cittadini statunitensi, aveva rilevato che per il 14% degli intervistati il Climate Change era «il motivo principale» della resa rispetto al progetto di una famiglia. E nel 2019 decine e decine di donne nel Regno Unito hanno aderito allo «sciopero delle nascite» per denunciare l'emergenza. #BirthStrike, il movimento lanciato dalla musicista e attivista britannica Blythe Pepino: non avere figli - il suo pensiero - è uno dei modi più efficaci per limitare la produzione di gas ad effetto serra. Child-free per salvare il pianeta. Ma non è evitando di mettere al mondo bambini, fanno notare in tanti, che si affronta la crisi. Il panico e la rinuncia a ogni speranza non possono essere la risposta, è la replica alla scelta dei Gink (Green inclination, no kids), gli uomini e donne secondo i quali invertire il trend di sovrappopolamento della Terra sia l'unico modo di sopravvivere.


IL NOSTRO PAESE
La paura di cosa sarà il domani ha aggravato la crisi demografica in Italia, ma è soprattutto l'incertezza economica scatenata dal Covid a far crollare i parti. A fine anno i nuovi nati sarebbero 408mila, contro i 420mila del 2019 che erano già il minimo dall'unità nazionale, mentre nel 2021 si scenderebbe a 391mila, secondo le previsioni dell'Istat. «L'incertezza - ha spiegato il presidente Gian Carlo Blangiardo in un'intervista al Messaggero - condiziona le scelte ed in questo caso non abbiamo a che fare solo con timori momentanei, come ad esempio quelli che accompagnarono la nube di Chernobyil, frenando temporaneamente le nascite. L'incertezza riguarda anche il dopo, la situazione economica, le prospettive di occupazione».


LA TENDENZA
L'ansia ambientalista, «l'avverte solo una piccolissima minoranza, le giovani coppie sono spaventate soprattutto da tutto questo non futuro», secondo Antonietta Censi, sociologa della famiglia, docente della Sapienza, e psicoterapeuta. «Lo vivono come una minaccia piuttosto che un tempo in cui proiettarsi. Fare progetti di famiglia è per loro quasi un'utopia. Si concentrano sul presente, accettano questa precarietà e lì si stabilizzano. Ci vuole coraggio per diventare madri e adesso ancora di più. Difficile che ci sia un'inversione in questa tendenza: avremo sempre più anziani, meno giovani e un'ampia tipologia di modi di vivere la famiglia».
Alla causa ambientale servono più figli e non meno, avverte Alessandro Rosina, docente di Demografia all'università Cattolica di Milano. «Una natalità bassa come la nostra ha varie conseguenze negative, tra cui meno sostenibilità del sistema sociale, minori investimenti sulla formazione dei giovani e sulle soluzioni innovative per un uso più efficiente delle risorse del Pianeta», secondo il professore. «Più giovani ci saranno a dar forza al cambiamento e meno si potrà essere pessimisti sul futuro dell'ecosistema».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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