Fino a pochi mesi fa la Cina smentiva l'esistenza di campi di concentramento per controllare meglio la minoranza musulmana Uiguri, oggi sotto la pressione (trasversale) dei media occidentali e delle organizzazioni umanitarie che la accusano di genocidio ammette che si tratta di zone per la rieducazione. Tuttavia in questa fase il governo di Pechino ha iniziato a screditare sistematicamente tutte le denunce relative a violenze e sterilizzazioni forzate sulle donne appartenenti alla minoranza Uigura.
Secondo una inchiesta fatta dalla Reuters e durata mesi sarebbe in atto una campagna senza precedenti e piuttosto aggressiva proprio per respingere e vanificare le denunce di abusi.
«Per replicare agli atti disgustosi di alcuni media, abbiamo preso una serie di misure» aveva spiegato, Xu Guixiang, il vice capo del dipartimento della propaganda della regione dello Xinjiang, in una conferenza stampa. La Reuters dopo avere consultato medici, documenti, raccolto testimonianze ha confermato che è in corso una campagna denigratoria nei confronti delle vittime.
«Uno dei motivi per cui il partito comunista è così preoccupato per le testimonianze di queste donne è che minano alla base quello che per il governo cinese è l'antiterrorismo» ha detto James Millward, professore di storia cinese alla Georgetown University ed esperto di politica dello Xinjiang.
Il governo naturalmente nega le accuse di abuso nei «centri di formazione professionale» e ripete che le denunce di abusi sessuali sistematici sono infondati. A oggi la Cina ha rifiutato di fornire dati sul numero di persone nei campi.