Mary Poppins in taxi aiuta bimbi e madri, li trasporta gratis a fare la chemio in tutta Italia: «nessuno si può salvare da solo»

Mary Poppins in taxi aiuta bimbi e madri, li trasporta gratis a fare la chemio in tutta Italia: «nessuno si può salvare da solo»
di Franca GIansoldati
5 Minuti di Lettura
Sabato 10 Settembre 2022, 17:30

Zia Caterina quando arriva sul suo taxi, colorato all'inverosimile, pieno di pupazzi, caramelle, giochi e graffiti strappa subito un sorriso ai bambini malati di tumore. Salgono timidamente a bordo del suo Milano 25 e, per magia, si ritrovano catapultati in un mondo incantato mentre ascoltano a bocca aperta le storie di questa eccentrica tassista di Firenze al secolo Caterina Bellandi che li intrattiene sorridendo vestita come una fatina, con cappelloni pieni di rose, occhialoni in tinta, mantelli e costumi degni della penna di Perrault o dei fratelli Grimm. È da vent'anni che questa signora di 57 anni trasporta gratuitamente le mamme e i piccoli pazienti negli ospedali italiani per i cicli di chemio. «In sintesi posso dire che è stretta la via che conduce al bene, ma se daremo tutto di noi, il nostro andare sarà sempre sostenuto dai buoni incontri e dalla speranza. È l'amore che rende più facile persino l'esperienza più terribile».
Come si è trasformata in Zia Caterina?
«Rilevando la licenza del taxi del mio compagno scomparso 20 anni fa, stroncato da un male fulminante. La sua morte mi ha avvicinato al dolore altrui e il resto è nato di conseguenza. Il fatto è che da soli non ci si salva mai. Regalo così il mio tempo e accarezzo con l'allegria il cuore di persone sprofondate nella paura della malattia, dell'ignoto, della fatica. Piano piano si è creato questo network di mamme che si passano il numero, si mettono in contatto con me ma restano in contatto tra loro. Nei momenti di buio anche una piccola luce fa la differenza».


Una rete tutta al femminile...
«Naturalmente ci sono anche tanti papà, ma di solito è la mamma che porta il peso maggiore quando un figlio deve affrontare operazioni complesse e piene di incognite. A volte, purtroppo, tante storie non vanno bene ma il filo che su questo taxi le persone trovano continua ad unirle e offre loro un appoggio morale. Sa dove mi trovo adesso?»
Mi dica...
«Sono in Sicilia ad accompagnare una famiglia, qui in questi giorni inauguriamo una piccola realtà per l'accoglienza dei bambini oncologici».
Perché ha scelto di lavorare in stile Mary Poppins?
«Vesto diversamente, con accessori eccessivi, colori, trine, merletti; mi manca solo la bacchetta in mano e lo faccio con lo spirito di chi vuole contrastare l'impossibile, la malattia allo stadio finale, per esempio. Penso che l'unico modo per dribblare questo orizzonte cupo sia osservarlo attraverso l'invisibile, come mi ha insegnato il mio padre spirituale, che è un padre domenicano di Firenze. Inoltre indossare questi costumi fuori dal comune aiuta i bambini sotto chemio a non sentirsi diversi dagli altri, spesso resi calvi dai cicli di terapie pesantissime o con menomazioni dovute ad interventi complessi. I bambini che si ritrovano senza capelli si accettano e indossano le parrucche come se fosse un gioco. Inoltre chi si trova in una situazione del genere è penalizzato, non ha più le stesse capacità dei suoi coetanei. Se però si trova accompagnato dalla Zia Caterina che, come in questo momento, sfoggia un abito a balze rosse e fucsia lungo fino a terra e un copricapo da mago, ecco che tutto si fa più normale. È come se vi fosse una forza interiore che riscatta l'isolamento del piccolo paziente. I bambini oncologici gravi non avvertono più la discriminazione e capiscono che il diverso diventa unico e speciale. In Italia c'è tanto lavoro da fare su questo fronte».
In che senso?
«L'accettazione del diverso è importantissima e andrebbe sostenuta. Nelle famiglie dove c'è un bambino disabile, gli altri fratellini crescono prima. Nessuno è mai preparato a raccogliere la diversità e trasmetterla come valore aggiunto. Non è un caso se li genitori con bambini portatori di handicap si sentono particolarmente isolati e avvertono il peso di una certa solitudine».


Quanto è difficile l'approccio con i piccoli sul suo Milano 25?
«Per niente. Racconto loro che si va a fare una chemio veloce e poi si va a mangiare una pizza e li riporto in albergo con la mamma o il papà. Il tassametro non esiste per loro, e per me è uno scambio di cuori. In questi anni sono stata ripagata dell'amore di migliaia di persone che poi a loro volta si sono conosciute e hanno moltiplicato l'effetto della rete. Una sorta di mutuo soccorso. Ripeto: da soli non ci si salva mai».
Il suo taxi ormai è famoso in tutta Italia...
«La gente quando mi vede passare pensa che io sia fuori come un balcone, ma per i bambini si trasforma tutto in qualcosa di magico. Ecco allora che esiste ancora il lato straordinario della vita che non sono tanto io, la Zia Caterina, ma il flusso di amore, palpabile e reale, che le persone si danno e ricevono».
Non è eccessivo tutto questo?
«Indubbiamente si, ma del resto è eccessivo anche quello che ho visto coi miei occhi in questi vent'anni. Non è facile il viaggio di chi non ce l'ha fatta, la speranza che a volte scivola via perché la scienza non ha avuto l'ultima parola. In quel momento solo chi vede l'invisibile coglie la forza per andare avanti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA