Da Armida Barelli alle prime sindache la svolta nel 46 delle nuove elettrici

Armida Barelli durante un comizio nel 1948
di Franca Giansoldati
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Sabato 3 Giugno 2023, 16:50

Una volta terminata la guerra, con l'esperienza della Resistenza e della Liberazione, i diritti delle donne erano finalmente un punto di non ritorno anche se nulla si poteva dare per scontato visto il clima di profonda arretratezza della società di allora. E' in questa cornice temporale che si inseriscono alcune formidabili figure femminili determinate a far valere i diritti delle donne.
In vista delle prime elezioni non esitarono a girare l'Italia in lungo e in largo a fare comizi a sostegno della parità e convincere le elettrici a non disertare le urne. I tempi non erano facili. Territori distrutti, non c'era lavoro, la sanità era a pezzi, una alta percentuale di gestanti moriva di parto.

ESEMPIO

Tra di loro vanno certamente ricordate le prime dieci sindache elette nel marzo 1946 e Armida Barelli (da poco beatificata), una straordinaria attivista cattolica capace di avere influenza persino su Pio XII al quale scriveva del bisogno di far partecipare tutte le donne alla vita pubblica, sottolineandogli che «potevano esercitare ogni professione» e avere «un compenso a parità di rendimento, non inferiore a quello maschile». Inoltre, scriveva, «hanno il diritto di studiare» e diventare dirigenti delle organizzazioni sindacali. A margine di una delle tante note manoscritte - portate alla luce da Ernesto Preziosi in una corposa biografia pubblicata da Ave, (351 pagine, 20 euro intitolata Armida Barelli) - c'è una pure una postilla: «data a Pio XII il 30 luglio 1945».
Barelli agiva sul fronte ecclesiale e, in parallelo, dentro la Dc incalzando persino De Gasperi: «si tratta di un esercizio di attività politica nuovo per noi donne» e occorre insegnare loro come «esercitare il dovere di cittadine».

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IMPEGNO

Barelli era consapevole del passaggio cruciale per la democrazia: «Siamo una forza in Italia, noi donne. Su cento voti 47 sono per gli uomini e 53 per le donne». Iscritta alla Dc, aveva fondato assieme a padre Agostino Gemelli l'università Cattolica e dirigeva la sezione femminile dell'Azione Cattolica.
Una volta che il Consiglio dei Ministri esaminò per la prima volta l'estensione del voto femminile, sancito poi con un decreto nel marzo del 1946 le italiane con almeno 25 anni d'età potevano finalmente eleggere e soprattutto essere elette. Barelli intensificò ancora di più il suo pressing dietro le quinte e, in parallelo, l'attività sulle piazze e nei circoli diocesani motivando la partecipazione democratica. «Quando ci sono le elezioni diventa stretto dovere scendere in campo». Nelle storiche elezioni del 2 giugno si contarono 226 candidate al Parlamento. Il Pci ne presenta 68, la Dc 29, il Partito socialista 16 e il Partito d'Azione 14. Ma intanto tra marzo e aprile il voto in quasi 6 mila comuni portò all'elezione delle prime sindache. Margherita Sanna, a Orune, in provincia di Nuoro che lo scrittore Carlo Levi descrisse così: «coi capelli grigi, avvolta in uno scialle da contadina» e dal polso fermissimo, preoccupata di fare bene della sua gente. Oppure Ninetta Bartoli, un'altra sarda, stavolta democristiana. A Borutta nel sassarese stravinse con l'89 per cento dei consensi, praticamente un plebiscito rimanendo in carica fino al 1958. Alcune, come Ada Natali, sindaca comunista di Massa Fermana, aveva combattuto nella resistenza anche se da cattolica praticante non le impedì di andare d'accordo con i preti.

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La maestra Ottavia Fontana, in provincia di Verona, invece, è stata la prima (e finora unica) sindaca di Veronella. Un'altra maestra, Elena Tosetti di Fanano, nel modenese sbaragliò l'avversario democristiano, mentre Lydia Toraldo Serra, sindaca a Tropea,forte della laurea in giurisprudenza si prodigò per creare strutture a favore delle donne. Un'altra sindaca calabrese, stavolta in provincia di Cosenza, Caterina Tufarelli Palumbo indossò la fascia tricolore a soli 24 anni, divenendo un vero e proprio simbolo di un'Italia che voleva lasciarsi alle spalle le tragedie della guerra e guardava al futuro con ottimismo. Le sue origini calabresi, inoltre, diedero un particolare messaggio di riscatto sociale per tutto il Meridione.

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