Nadia Fabrizio, la tecnologa che ha creato la rete di aiuti economici per chi non ha il conto in banca

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di Sonia Montegiove
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Sabato 9 Ottobre 2021, 15:51 - Ultimo aggiornamento: 15:53

Immaginate la possibilità di “consegnare” aiuti economici a persone bisognose che non hanno un conto in banca, una carta di credito e, a volte, nemmeno uno smartphone. Immaginate che tutto questo sia possibile in modo sicuro, trasparente, affidabile attraverso una tecnologia digitale come BlockChain, ancora poco nota se non per i Bitcoin che ne sono “figli”. Immaginate che a capo di questo progetto ci sia una tecnologa. Immaginate ora che quanto scritto sia realtà, che la tecnologa sia Nadia Fabrizio e che il progetto, grazie a Fondazione Algorand, che ha assegnato un cospicuo contributo del proprio programma “Progetti di ricerca e casi d'uso”, si chiami “EmFi: un sostegno economico ad hoc per l'emergenza socio-economica Covid-19 in Italia”.

«L’obiettivo che ci poniamo attraverso il progetto – spiega Nadia Fabrizio, coordinatrice tecnica del progetto – è quello di studiare come realizzare circuiti alternativi, sostenibili e inclusivi che possano raggiungere beneficiari che potenzialmente sarebbero esclusi da contributi, voucher o aiuti per i quali è indispensabile essere titolare almeno di un conto in banca. Grazie all’impiego di Blockchain potremmo fare in modo che le persone possano, senza avere disponibilità finanziaria “in tasca”, avere accesso ugualmente ai servizi e agli aiuti, senza avere rapporti bancari e anche senza essere dotati di device particolari. Questi impieghi aprirebbero scenari davvero molto interessanti, per esempio come quelli afgani dove è difficile raggiungere le persone bisognose».

EmFi, che ha come partner Politecnico di Milano (QFinLab – Dipartimento di Matematica), Cefriel e la Stirling University (Informatica e Matematica), vuole sperimentare, attraverso un progetto pilota che sarà attuato su un caso d’uso fornito dai Comuni italiani, l’uso di token crittogratifici sicuri e contratti intelligenti (smart contract) nell’ambito del sostegno finanziario pubblico ai cittadini in scenari di crisi socio-economica.

Blockchain può essere davvero strumento di sostenibilità?

Blockchain viene spesso associata a Bitcoin e, conseguentemente, a tecnologia digitale “nemica” dell’ambiente, visto che per "minare", ovvero generare moneta virtuale è risaputo ormai che servono quantità molto elevate di energia elettrica. Ma non dobbiamo dimenticare che le tecnologie non sono mai buone o cattive. Per questo anche il World Economic Forum, in un recente paper, ha individuato Blockchain come elemento centrale della finanza digitale sostenibile e caposaldo della finanza digitale insieme a intelligenza artificiale, piattaforme mobili e Internet of Things. Queste tecnologie, se combinate con strutture ambientali, sociali e di governance, potrebbero, infatti, suggerire soluzioni ai Governi e alle imprese per raggiungere i loro obiettivi di sviluppo sostenibile.

Abbiamo parlato di Blockchain senza descriverla. Se dovessi definirla nel modo più semplice che c’è?

La Blockchain è un sistema socio-tecnico: alla base del suo funzionamento c’è un algoritmo che ha bisogno di una comunità per “funzionare”. Bitcoin è la prima applicazione della Blockchain ma sono due cose diverse. Alla base c’è un registro di scambi di valute pubblico, incorruttibile, generato da un algoritmo (detto consenso) che distribuisce il potere di validare la transazione. Questo algoritmo genera la famosa “catena di blocchi”. Nei sistemi Blockchain non c’è bisogno di terze parti garanti visto che sono gli utenti stessi che, partecipando al “gioco” collettivamente, garantiscono le transazioni. Per convincere la rete a partecipare, ogni Blockchain ha i suoi meccanismi di incentivi. Rispetto alle prime generazioni di Blockchain, che hanno il problema del consumo di energia o dell’anonimato assoluto dei nodi, esistono oggi algoritmi e approcci più sostenibili. Si parla di Web 3.0 proprio riferendosi a questa capacità della Blockchain di scambiare valore nel digitale senza “passare” da un notaio o da una banca. Internet, pur con tutte le sue funzionalità, non è capace di fare ciò. Con la Blockchain è la rete stessa che certifica lo scambio di valore. Le applicazioni, si capisce, sono infinite.

Chi è Nadia Fabrizio? Da dove nasce la passione per il digitale?

«Mi sono laureata in matematica applicata presso l'Università degli Studi di Milano e ho conseguito un Master in ICT presso il Politecnico di Milano. Da diciassette anni lavoro in Cefriel, realtà fondata da università, imprese e Amministrazioni locali per promuovere la collaborazione e la condivisione di conoscenze tra mondo della ricerca, tessuto economico e società. Qui seguo tutte le attività di ricerca, innovazione, trasferimento tecnologico e formazione riguardanti l'applicazione della Blockchain che, con il passare degli anni, ne ha fatta di strada, ed è diventata una tecnologia più matura, anche se la cosiddetta maturità di mercato è prevista per il 2023. In tanti anni di lavoro devo dire che la mia passione non si è affievolita: ho coordinato progetti significativi, come quello che oggi mi vede membro del Working Group su Crittovalute, e ritrovo in ogni applicazione ancora inesplorata l’entusiasmo necessario a portare avanti progetti complessi».

Possiamo fare qualche altro esempio di applicazione di Blockchain?

«Partiamo da un dato di fatto: Blockchain si giustifica in scenari dove si affrontano processi che coinvolgono tanti attori che tra di loro non si fidano e vogliono far circolare un asset con del valore. Pensiamo ad esempio all’industria dei media e dell’editoria, dove esiste un’esigenza forte da parte di giornalisti e creatori di contenuti di far riconoscere il diritto d’autore sul web. Uno dei progetti ai quali abbiamo lavorato in questi anni, che utilizza BlockChain, consente proprio di “certificare” la provenienza del materiale editoriale, con grande vantaggio non solo per l’industria ma anche per i lettori. La trasparenza, sicurezza e tracciabilità che caratterizzano blockchain la rendono particolarmente adatta, poi, per i processi autorizzativi, come quello della manutenzione degli impianti. In Cefriel abbiamo lavorato a una Blockchain per tracciare processi di manutenzione ferroviaria nell’ambito del progetto europeo In2dreams dentro il programma Shirt2RAIL. Adesso stiamo continuando su scenari che combinano machine learning e blockchain. E mettere insieme tecnologie diverse con l’obiettivo di migliorare diversi aspetti della vita è una bella sfida ogni volta».

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