Ministero Economia, urge cura dimagrante

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Sabato 2 Febbraio 2013, 16:13 - Ultimo aggiornamento: 16:17
Nel lontano 1947 Alcide De Gasperi tent l’accorpamento dei Ministeri Economici, ma dovette ben presto archiviare l’iniziativa per la dura opposizione che gli si par contro. Da quell’epoca, e per oltre mezzo secolo, mai più si parlò di quel progetto.



A rispolverarlo provvide la Riforma Bassanini con il Dlgs n.300 /1999, attuata nell’anno 2001, quando nacque il Ministero dell’Economia e delle Finanze che accorpò i Ministeri del Tesoro e del Bilancio. A coordinare l’attività del nuovo Ministero (noto pure con l’acronimo MEF) furono create quattro Agenzie Fiscali (ENTRATE-TERRITORIO-DOGANE e MONOPOLI Di STATO. In sostanza il MEF amministra la politica economica, la politica finanziaria e di bilancio, il coordinamento della spesa pubblica, le politiche fiscali e il sistema tributario, Demanio e Patrimonio dello Stato, Catasto e Dogane e la Programmazione. Giova qui richiamare la normativa di riferimento:

-Dlgs. n.300/1999-capo 2°-art.56 e segg

-Dlgs.n.173/ 3.7.2003,riorganizzazione MEF ex art.1 legge 6.7.2002 n.137

-DPR n.227/3.7.2003, riorganizzazione degli uffici di diretta collaborazione del ministro

-DPR n.43/30.1.2008 per la riorganizzazione del MEF a norma dell’art.1 c.404 della

Legge 27.12.2006 n.296 (G.U.S.O.18.3.2008 n.66).



Il seguito è cronaca recentissima scritta a partire dal mese di novembre del 2011 con la caduta del Governo Berlusconi ed il sub ingresso del Governo di salvezza nazionale affidato al prof. Mario Monti, per le criticità economico-finanziarie in cui versa il Paese.



Tanti sono stati i provvedimenti adottati dal Governo Monti, tutti per la verità unidirezionali, rivolti cioè verso il ceto più debole, e motivati dalla urgenza di dover rinsanguare le disastrate casse erariali. I tagli operati da Monti hanno riguardato anche il Ministero della Economia, interessato dalla così detta ”spending review” con la incorporazione dell’Agenzia del Territorio in quella delle Entrate e dei Monopoli di Stato nell’Agenzia delle Dogane.



Tale operazione è sembrata più di facciata che non di sostanza, come sostengono gli esperti e gli operatori del settore che negano il conseguimento di risparmi apprezzabili in termini quantitativi, quanto invece temono che ibride ammucchiate possano ulteriormente compromettere il funzionamento della macchina fiscale. Ed infatti le Agenzie provinciali del Territorio stanno già subendo disagi e disservizi, visto che a tutt’oggi solo sulla carta è avvenuta l’unificazione con le Entrate, mentre mancano istruzioni operative e quindi sono in sofferenza importanti servizi di istituto, specialmente quelli vincolati ai termini di decadenza.



Era stato previsto il rischio del tilt e tempestivamente segnalato, e la stessa Commissione Finanze se ne era resa conto ed aveva chiesto invano una pausa di riflessione. C’è invece una legge che non risponde allo scopo per cui è stata fatta e che al momento sta creando marasma tra il Personale e disagi all’utenza, con il rischio di produrre anche danno all’Erario. Eppure esistono precedenti storici che avrebbero dovuto consigliare cautela, come accadde a proposito della trasformazione delle Direzioni Generali in Dipartimenti e dei Dipartimenti in Agenzie. Partendo perciò da questa affrettata decisione del Governo Monti di creare un agglomerato amministrativo di cui il MEF non aveva certamente alcun bisogno indifferibile, e lo prova la debole motivazione addotta a sostegno, è invece l’attuale assetto del Ministero dell’Economia che abbisogna di un’attenta e scrupolosa rivisitazione.



Vero è che fu De Gasperi ad avere l’idea di accorpare i Ministeri Economici, ma erano altri tempi, erano diverse le realtà socio-politiche ed economico-finanziarie, e poi ogni momento storico non è comparabile ai precedenti e difficilmente può attagliarsi ai successivi. Oggidì il MEF, come organizzato dalla Riforma Bassanini, e con la correzione voluta da Monti, pone una serie di problemi sia sotto il profilo amministrativo,ma anche in termini politici. Vediamone le ragioni.



La cura dimagrante voluta da Monti, a parte il megaorganismo che ne è derivato (unificazione ENTRATE e TERRITORIO), ha la responsabilità di aver concentrato in un unico soggetto (il direttore dell’Agenzia) un potere immenso che va dalla gestione di una corposa platea di personale all’accertamento ed alla riscossione, alla determinazione delle coerenze catastali ed alla gestione delle imposte immobiliari. Una tale configurazione non esiste nei Paesi europei, evidentemente perché altrove l’idea dell’“uomo solo al comando” rievoca soltanto le leggendarie imprese del campionissimo Fausto Coppi. Il potere amministrativo non è una novità nella variegata galassia della vita pubblica, né è nuovo che esso sia fortemente influenzato dal potere politico. Se poi l’uno e l’altro straripano è un male per entrambi e per la collettività diventa una tragedia.



In un editoriale a firma di Francesco Verderami apparso sul Corriere della Sera del 26 gennaio scorso, l’illuminato giornalista riferisce che Pier Luigi Bersani se andrà ad abitare a Palazzo Chigi starebbe pensando ad uno spacchettamento del Ministero dell’Economia e che della cosa si sarebbe già aperta una discussione all’interno del Partito Democratico. L’anticipazione del Corriere ha una sua ragion d’essere ed è che Bersani evidentemente è memore del duro conflitto che si aprì tra l’ex Presidente del Consiglio e l’ex superministro dell’Economia, né dimentica il peso specifico che quello scontro ebbe sulla caduta del Governo Berlusconi. Lo stesso Monti tenne per sé l’interim delle Finanze fino a quando non ritenne di potersi fidare dell’attuale titolare del Dicastero.



Il nuovo Governo, quale che ne sarà la colorazione politica, non può ripetere le esperienze del passato, non può pensare che nel Governo ne conviva un altro che ne condiziona le scelte e di conseguenza ne intralcia o addirittura ne paralizza l’attività. Il ripetersi di tale grave anomalia sarebbe un insostenibile handicap in cumulo con i tanti e seri problemi che il nuovo Governo dovrà affrontare. E’ necessario perciò che il Ministro dell’Economia svesta l’abito dello “Juppiter tonans”, ma per ciò fare occorre sottrarre dalle sue mani le troppe deleghe che attualmente egli detiene,come dire cioè che il dimagrimento del MEF passa attraverso la rivisitazione dei Ministeri Economici.



Non è possibile che i gravosi compiti che incombono sul Ministero dell’Economia possono essere assolti politicamente ed amministrativamente da Capi assoluti. Se ne faccia carico il nuovo Governo e provveda da subito. La nuova legislatura per durare fino alla sua naturale scadenza deve saper partire con passo giusto e Bersani sembra che voglia prendere un buon “aire”, subito affrontando i temi caldi. E’ una felice idea, se non resterà solo una intenzione…!



Pietro Paolo Boiano

vice segretario generale Dirstat