Le "cancellature" di Emilio Isgrò in mostra alla Gnam

Le "cancellature" di Emilio Isgrò in mostra alla Gnam
di Valentina Bruschi
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Mercoledì 3 Luglio 2013, 20:26 - Ultimo aggiornamento: 5 Luglio, 14:21

“Solo una cultura disinibita (come in fondo la migliore arte contemporanea) può aiutare il nostro paese a compiere il passo decisivo dalla premodernità, in cui finora si è crogiolata, a una postmodernità che le consenta di mettere a frutto la sua capacità più vitale, che è quella di reinventare il mondo sul niente, piuttosto che fare del niente l'anticamera della morte, come purtroppo è accaduto e può ancora accadere”. Questo è il credo profondo di Emilio Isgrò, artista, poeta, scrittore, giornalista, drammaturgo siciliano di base a Milano dagli anni Cinquanta.

Anticipatore sulle tendenze dell’arte internazionale, Isgrò è stato il teorico della "cancellatura", nei primi anni Sessanta, un nuovo linguaggio che ancora oggi mantiene la stessa vivacità e audacia creativa delle origini. La cancellazione non nega ma evidenzia, sottolinea e libera, offrendo nuove possibilità di interpretazione del mondo, aprendolo a nuovi significati.

La Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma gli dedica un’antologica (a cura di Angelandreina Rorro, fino al 6 ottobre), dal titolo eloquente, “Emilio Isgrò. Modello Italia (2013-1964)”. L’artista, infatti, è convinto che l’Italia debba ripartire dall’arte, uno dei terreni più fertili per lo sviluppo dell’intero paese, la nostra “punta di diamante”. “Il mio Modello Italia” – afferma Isgrò – “è un modello identitario che, partendo dall’arte vuole recuperare quell’unicità culturale che dal Rinascimento al Futurismo ha imposto l’Italia al rispetto del mondo. Perché sì, è vero, siamo economicamente e politicamente in crisi, una piccola potenza ormai. E tuttavia restiamo pur sempre una grande potenza culturale in grado di competere sui mercati globali. È da questa consapevolezza che dobbiamo ripartire noi artisti se vogliamo segnare le vie del coraggio anche all’economia e alla politica”.

La mostra parte dai lavori degli ultimi cinque anni, tra i quali, “Sbarco a Marsala” (2010), realizzata in occasione delle celebrazioni per il 150°
anniversario dello Sbarco di Garibaldi e dei Mille in Sicilia, dove la statua di Garibaldi viene travolta dalle formiche, piccoli insetti che insieme ad api e scarafaggi, sono una cifra stilistica recente – come una “cancellatura vivente” - delle sue installazioni. A seguire, le opere che fanno riferimento al panorama italiano, con la tipica ironia che caratterizza molti lavori dell’artista (“La Costituzione cancellata”, 2010; “L'Italia che dorme”, 2010; “Cancellazione del debito pubblico”, 2011) l'orizzonte si allarga a una visione globale con “Weltanschauung”, (2007), “Var ve yok” e “Codici ottomani” (2010), realizzata a Istanbul. Come spesso accade con i veri artisti, quest’opera anticipa della situazione attuale della Turchia e della difficile convivenza tra Islam e Occidente. Al piano superiore della galleria, si trovano opere storiche celebri, “Jacqueline” (1965) e “Enciclopedia Treccani” (1970), nonché i primi “Libri cancellati”, i “Telex” e i “Semi d'arancia”, che sottolineano la coerenza della ricerca dell’artista ed evidenziano quanto le ultime opere siano strettamente legate alle precedenti.

L’altro ieri, l’artista ha inaugurato la XXXII edizione delle Orestiadi di Gibellina (www.fondazioneorestiadi.it ), a ricordo la figura dell’amico Ludovico Corrao, senatore della Repubblica e sindaco di Gibellina, artefice della ricostruzione dello stesso paese, distrutto dal sisma del Belice nel gennaio '68. Trent’anni fa, nella location particolare delle rovine di Gibellina, Isgrò mise in scena il suo testo teatrale più significativo: una riscrittura dell'Orestea di Eschilo in un originale impasto linguistico di italiano, siciliano e altri idiomi, segnando un capitolo memorabile nella storia degli spettacoli classici. Anche allora, come oggi, Isgrò afferma che il vero senso del lavoro fu quello di “farsi carico di un problema generale (quello dell'arte e della cultura) per aiutare tutta l'Italia a venirne fuori, piuttosto che piangersi addosso per le proprie miserie”.

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