Zuaiter bersaglio del Mossad, così
fu ucciso l'amico di Moravia e Pasolini

Wail Zuaiter con Alberto Moravia
di Eric Salerno
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Venerdì 26 Febbraio 2010, 14:00 - Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 23:16
ROMA (26 febbraio) - La parola “vendetta” non appare mai nei documenti ufficiali. “Caesarea”, il nome del gruppo operativo comandato da Mike Harari, non aveva il compito di distinguere tra colpevoli o innocenti.



L’ordine arrivato dalla bocca di Golda Meir era di colpire un certo numero di militanti palestinesi. Che fosse una rappresaglia in qualche modo era chiaro a tutti. Che voleva essere anche una lezione per il nemico, altrettanto chiaro. Che fosse necessario colpire chi tramava contro Israele, anche. I dossier messi a punto dagli ufficiali preposti all’Intelligence, con le fotografie dei militanti palestinesi, le loro abitudini, la descrizione dettagliata delle loro famiglie, dei loro amici, delle loro frequentazioni, erano pronti da tempo. Bastava scegliere. E l’ordine di Golda Meir non lasciava molti dubbi. C’era in lei, come negli altri, molta rabbia. La premier di ferro, una donna con le palle come veniva descritta nelle battute e nelle vignette un po’ volgari dei giornali, non intendeva chiudere un occhio. Era furiosa. Sia nei confronti degli autori dell’azione terroristica che distrusse la squadra olimpionica di Monaco 1972 e, indirettamente, le loro famiglie, sia con i tedeschi che, per lei e la maggioranza degli israeliani, non avevano saputo salvarli. La polemica nei confronti di quella Germania post nazista incapace di proteggere la squadra olimpionica israeliana si sarebbe assopita con il passare degli anni. Per il resto, ci hanno pensato Mike e i suoi.



Lui era a Roma già da qualche giorno. Con lui, pronti a colpire, c’erano una quindicina di uomini e donne. Alcuni erano arrivati appositamente da Israele. Non insieme, per non dare nell’occhio. Altri appartenevano alla struttura italiana del Mossad che si avvaleva di alcuni “locali”, probabilmente gente della comunità ebraica, e, secondo una delle ricostruzioni più attendibili, di terroristi della banda Baader Meinhof inconsapevoli di lavorare per i 007 israeliani e ignari del loro obiettivo. ...



...La scelta della vittima era stata fatta in base a varie considerazioni. Gli agenti del Mossad del gruppo di Mike si erano istallati a Ginevra e ancora prima di imboccare la strada di Roma, avevano analizzato i fascicoli relativi a numerosi possibili bersagli scelti dai loro colleghi a Tel Aviv. L’esperienza aveva dimostrato che era facile lavorare in Italia dove i servizi segreti erano molto sensibili alle esigenze israeliane...



Wail Zuaiter, era un “bersaglio morbido”... Per guadagnarsi da vivere, lavorava come traduttore per la vicina ambasciata libica in via Nomentana ma era particolarmente fiero della sua traduzione de Le Mille e una notte.



Poco dopo le 22 di quel lunedì di ottobre, due della squadra di Mike entravano nel palazzo di via Annibaliano, un complesso grande con più ingressi. C’erano passati davanti nei giorni precedenti segnando nella memoria ogni piccolo dettaglio. Avevano assorbito le caratteristiche del luogo e del bersaglio e riferito agli altri agenti pronti all’azione e sparpagliati nella zona. Si sa che un paio di loro attendevano con l’auto predisposta per la fuga, una 125 che un “turista canadese” aveva noleggiato nei giorni precedenti. ...L’androne era al buio e l’intellettuale palestinese deve aver visto appena i due giovani che lo aspettavano vicino all’ascensore.





Eric Salerno: Mossad base Italia, le azioni, gli intrighi, le verità nascoste. Ed. Il Saggiatore, 260 pagine, 19 euro






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