Benvenuti nell’era dello zapping testuale: il capolavoro lo scriviamo sulla Rete

Luca Ricci
di Luca Ricci
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Sabato 18 Gennaio 2014, 08:57
Ha fatto bene Luca Sofri a chiedersi se il libro sia diventato marginale come mezzo di costruzione e diffusione della cultura. Chi non se lo chiede semplicemente è fuori dal mondo, non ha esperienza della contemporaneità. Anzitutto l’osservazione. Basta prendere un treno o un aereo, ma anche la metro o un tram: ogni volenteroso lettore di un libro di carta è circondato da (almeno) dieci individui che carezzano ossessivamente lo schermo di uno smartphone. E non è solo la vittoria dell’intrattenimento puro, perché in fondo sugli smarphone si può anche leggere. Ed è proprio questo il punto. Sui tablet la fruizione di un testo scritto è mutata radicalmente. Le parole, cellula prima dell’organizzazione di un discorso, ormai sono trattate alla stregua di immagini televisive. Invece di veicolare un pensiero devono semplicemente rimandare ad altre parole. Il messaggio è divenuto meno importante del link. Il touch-screen è il nuovo telecomando, e la comprensione è stata sostituita dalla pressione, alla lettera, di un display retroilluminato.



Oggigiorno insomma possiamo fare zapping con le parole, e se prima leggere era un’attività che esigeva concentrazione e sforzo, adesso in rete ha le stesse proprietà dispersive, alienanti, ipnotiche e sensuali delle immagini senza capo né coda dei contenitori tv. Certo, qui non si tratta solo di un medium espressivo che è deperito come in passato è successo all’Opera o al Balletto. La parola, nel bene o nel male, quella che serve per i i libri e la Letteratura (oltre che per la comunicazione quotidiana), è la base su cui si poggia (poggiava?) la nostra cultura. Si tratta davvero di una rivoluzione senza precedenti. L’importante, nel nuovo sistema cognitivo, non è l’acquisizione di un dato (di una frase, di un concetto, di un ragionamento), ma il movimento. Un testo vale solo in quanto segue e/o precede un altro testo, in quanto sequenza (basta scorrere una timeline qualsiasi su Twitter per averne la conferma). Movimento perpetuo, senza direzione: la direzione è senso e il senso è la fine della corsa. I nuovi testi, come le vecchie immagini, sono fabbricati per lasciare che il movimento continui, a discapito della riflessione, dello scandaglio, della profondità (il famigerato tempo televisivo, ricordate? Chi non è televisivo? Risposta: al di là dello schermo, chi vuole spiegarsi; al di qua, chi vuole capire).



Postilla personale. Da un po’ di tempo la mia vita di lettore forte ha subito un tracollo. Quando leggo mi resta la bocca impastata di parole. Già dopo qualche pagina è come se avessi fatto indigestione, non ne posso più. Qualsiasi libro mi appare così insostenibile da portare avanti, i classici al pari delle novità, gli italiani ma anche gli stranieri. Ero un lettore felice, tanto tempo fa. Adesso spesso m'impunto a leggere, mi ostino a leggere, il che non è proprio la stessa cosa. Mi fanno una pena, certe volte, i libri. Anche quelli appena usciti hanno l'aria da remainders. La vita è più leggera dei libri, si sa. E se twittare fosse un'esperienza più piena della lettura, che so, di Myricae del Pascoli? Capisco Andy Warhol quando affermava, guardando le rovine di Roma, che l'arte non dovrebbe essere conservata. Ogni tempo ha la sua arte e i suoi artisti. E forse oggi, il capolavoro - l’opera aperta di cui hanno vaneggiato più o meno tutti i geni letterari del novecento, questa sorta di Sacro Graal della reinvenzione delle forme - lo stiamo scrivendo proprio noi, qui sulla rete.



Twitter: @LuRicci74
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