Oggigiorno insomma possiamo fare zapping con le parole, e se prima leggere era un’attività che esigeva concentrazione e sforzo, adesso in rete ha le stesse proprietà dispersive, alienanti, ipnotiche e sensuali delle immagini senza capo né coda dei contenitori tv. Certo, qui non si tratta solo di un medium espressivo che è deperito come in passato è successo all’Opera o al Balletto. La parola, nel bene o nel male, quella che serve per i i libri e la Letteratura (oltre che per la comunicazione quotidiana), è la base su cui si poggia (poggiava?) la nostra cultura. Si tratta davvero di una rivoluzione senza precedenti. L’importante, nel nuovo sistema cognitivo, non è l’acquisizione di un dato (di una frase, di un concetto, di un ragionamento), ma il movimento. Un testo vale solo in quanto segue e/o precede un altro testo, in quanto sequenza (basta scorrere una timeline qualsiasi su Twitter per averne la conferma). Movimento perpetuo, senza direzione: la direzione è senso e il senso è la fine della corsa. I nuovi testi, come le vecchie immagini, sono fabbricati per lasciare che il movimento continui, a discapito della riflessione, dello scandaglio, della profondità (il famigerato tempo televisivo, ricordate? Chi non è televisivo? Risposta: al di là dello schermo, chi vuole spiegarsi; al di qua, chi vuole capire).
Postilla personale. Da un po’ di tempo la mia vita di lettore forte ha subito un tracollo. Quando leggo mi resta la bocca impastata di parole. Già dopo qualche pagina è come se avessi fatto indigestione, non ne posso più. Qualsiasi libro mi appare così insostenibile da portare avanti, i classici al pari delle novità, gli italiani ma anche gli stranieri. Ero un lettore felice, tanto tempo fa. Adesso spesso m'impunto a leggere, mi ostino a leggere, il che non è proprio la stessa cosa. Mi fanno una pena, certe volte, i libri. Anche quelli appena usciti hanno l'aria da remainders. La vita è più leggera dei libri, si sa. E se twittare fosse un'esperienza più piena della lettura, che so, di Myricae del Pascoli? Capisco Andy Warhol quando affermava, guardando le rovine di Roma, che l'arte non dovrebbe essere conservata. Ogni tempo ha la sua arte e i suoi artisti. E forse oggi, il capolavoro - l’opera aperta di cui hanno vaneggiato più o meno tutti i geni letterari del novecento, questa sorta di Sacro Graal della reinvenzione delle forme - lo stiamo scrivendo proprio noi, qui sulla rete.
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