Lo Strega dei piccoli: metà dei candidati
vengono dagli editori indipendenti

Il Ninfeo di Villa Giulia
di Fiorella Iannucci
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Sabato 16 Aprile 2011, 16:24 - Ultimo aggiornamento: 27 Aprile, 16:31
ROMA - Comunque vada a finire, sar lo Strega dei piccoli. Ovvero, di quegli editori indipendenti che si ostinano a sfornare libri di qualità, idee, nuovi autori con l’orgoglio di chi non si piega alla ferrea legge dei grandi gruppi. Basta scorrere la lista dei dodici candidati al Premio letterario più ambito d’Italia, uscita nel tardo pomeriggio di ieri dalla riunione del comitato direttivo, presieduto da Tullio De Mauro, per rendersi conto di questa magnifica anomalia.



I libri selezionati sono: «L’energia del vuoto» di Bruno Arpaia (Guanda); «Malabar» di Gino Battaglia (Guida), «Nina dei lupi» di Alessandro Bertante (Marsilio), «La scoperta del mondo» di Luciana Castellina (Nottetempo), «Ternitti» di Mario Desiati (Mondadori), «Settanta acrilico trenta lana» di Viola Di Grado (e/o), «Nel mare ci sono i coccodrilli» di Fabio Geda (Baldini Castoldi Dalai), «Il confessore di Cavour» di Lorenzo Greco (Manni), «Storia della mia gente» di Edoardo Nesi (Bompiani), «La città di Adamo» di Giorgio Nisini (Fazi), «A cosa servono gli amori infelici» di Gilberto Severini (Playground), «La vita accanto» di Mariapia Veladiano (Einaudi). Una selezione che è stata anche «un lavoro appassionante per il livello delle opere presentate», dice Tullio De Mauro, riconfermato in questi giorni nella carica di direttore della Fondazione Bellonci per il prossimo triennio.



Ed eccola la novità: la metà dei titoli selezionati appartiene al mondo, variegato e vitalissimo, dei piccoli marchi. Sorpresa nella sorpresa, sono le case editrici romane indipendenti a fare la parte del leone: Nottetempo, e/o, Fazi e Playground, che ora possono davvero sognare la cinquina, sono la punta dell’icerberg di una galassia, tutta romana, presentata l’8 aprile scorso dagli Amici della Domenica. E’ vero, restano fuori, e non senza rammarico, «Mia madre è un fiume» di Donatella Di Pietrantonio (Elliot), «Lo show della farfalla» di Franco Matteucci (Newton Compton), «Aspetta primavera, Lucky» di Flavio Santi, della piccolissima Socrates ed «Emily e le altre» di Gabriella Sica (Cooper): ma la presenza delle editrici indipendenti romane non è affatto scalfita.



I cinici e i malevoli diranno che i piccoli hanno solo occupato il posto lasciato dai grandi, Rizzoli e Feltrinelli, che non partecipano alla gara letteraria. Facile ribattere che persino i due superfavoriti, Mario Desiati, scelto dalla Mondadori, e Edoardo Nesi per la Bompiani, appartengono essi stessi al mondo delle piccole romane (il primo è direttore editoriale e il secondo è uno dei soci della Fandango Libri). La verità è un altra: lo spazio dello Strega, gli editori indipendenti se lo sono conquistato con la forza dei loro cataloghi, con la serietà e la passione che li contraddistinguono.



«Quando nel 2007 entrammo in cinquina con il romanzo di Milena Angus, Mal di pietra, sembrò a tutti un miracolo. Mi fa solo piacere che ora ci sia una rappresentanza così consistente di indipendenti», dice Ginevra Bompiani, raggiante per l’esito di «La scoperta del mondo» di Luciana Castellina. Scrittrice e saggista, nel 2002, insieme a Roberta Einaudi (nipote di Giulio Einaudi) ha fondato la casa Nottetempo. «Un vizio di famiglia», ride l’editore. Spiega: «Ho lavorato alcuni anni con mio padre, Valentino Bompiani. Con Roberta abbiamo cercato di ricreare, in piccolo, quella fucina di idee e di passione che erano le case editrici che avevamo conosciuto. L’attenzione al libro come prodotto artigianale e il rapporto con gli autori per noi sono una regola».



I gruppi editoriali sono «sempre più potenti», è vero, ma «noi indipendenti possiamo contare sul numero. Siamo tanti, soprattutto a Roma, e c’è un tessuto amichevole, con alleanze possibili e desiderate», dice Bompiani. Soprattutto si punta sul progetto editoriale, non solo sul mercato. E la qualità paga. «E’ faticoso, ma alla fine la scelta rigorosa che abbiamo fatto può forse procurare problemi, di visibilità per esempio, ma ti solleva da altri», dice con l’orgoglio della prima volta allo Strega Andrea Bergamini, editore di Playgroud, nata nel 2004 come casa editrice a tema omosessuale, con due sole collane, esclusivamente di narrativa. «Puntiamo soprattutto sul grande autore. Le tematiche gay sono più che altro un metodo. Spesso nei nostri romanzi non c’è neanche un protagonista omosessuale, ma magari lo è l’autore», dice Bergamini che ha portato in Italia scrittori come Edmund White e Rachid O.



Ed ora punta su Gilberto Severini. «Un orgoglio e un onore per noi. Abbiamo costruito insieme «A cosa servono gli amori infelici», nel senso che il romanzo ha preso vita proprio dalle nostre conversazioni. La storia dello Strega reclama da ciascun editore il miglior libro. Quello di Severini è all’altezza del Premio».



Sono la vocazione alla ricerca, la cura nella scelta dei testi, la scommessa su un esordiente di talento i punti di orgoglio degli indipendenti. «Di fronte a una partecipazione così ampia non ci sentivamo in tasca la certezza di entrare nei 12 - dice Claudio Ceciarelli, editor per la narrativa italiana di e/o -. Però, ci contavo. «Settanta acrilico trenta lana» di Viola Di Grado è un esordio di livello. Nonostante i 23 anni dell’autrice, il romanzo ha una sua grande maturità che ha suscitato l’interesse di lettori e recensori. So bene che è difficile vincere. Sarà quel che sarà». Dopo la presentazione ufficiale dei candidati, il 27 aprile al Teatro San Marco di Benevento, non resta che aspettare la cinquina (il 15 giugno, a Casa Bellonci) e la notte del Ninfeo di Villa Giulia (il 7 luglio). Ma intanto un vincitore c’è già: l’editoria indipendente romana.
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