Civitavecchia, il vescovo Ruzza: «Giovani, anziani e poveri le mie priorità»

La prima uscita pubblica del vescovo Gianrico Ruzza a Civitavecchia
di Stefania Mangia
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Giovedì 30 Luglio 2020, 09:47 - Ultimo aggiornamento: 09:53
Da grande voleva fare il giornalista. Orgogliosamente romano da due generazioni e mezzo (è nato in zona piazza Bologna), tifa Roma ma «rispetto ogni altra squadra». La sua famiglia legge Il Messaggero da sempre. Classe 1963, da qualche giorno nuovo Pastore della Diocesi, monsignor Gianrico Ruzza si racconta con leggerezza, consapevole di essere ancora in luna di miele con una città che, nonostante il Covid, insieme a Tarquinia sabato l'ha accolto molto festosamente. Semplice luogo geografico, oppure Civitavecchia già le era nota?
«Mi sono informato risponde Ruzza che si lascia intervistare nei corridoi della sacrestia della Cattedrale, impreziositi da ricchi paramenti sacri affissi alle pareti e mi ha colpito l'antico nome Centumcellae che richiama il quartiere della Capitale dove ho lavorato per tanti anni, accanto ad altri: 9 anni a Trastevere, 10 ai Parioli, per finire con la zona San Giovanni», da dove il vescovo, romano doc, già cappellano della Camera dei Deputati dal 2018, è giunto al mare.
Prime impressioni sulla città?
«L'ho girata un po': ho visto quartieri più accoglienti, altri mero curati, dormitori. Ancora non conosco a fondo i meccanismi economici e sociali che la muovono, posso immaginare l'effetto appiattimento per l'alta prossimità con Roma, ma ho la sensazione di una Diocesi vivace, dinamica, che ha tanta, tanta voglia di fare».
Conosceva Carlo Chenis?
«Non direttamente, dalle cronache, ma ho saputo che è stato un vescovo amatissimo, anche per il suo entusiasta lavoro; capisco quindi ancora di più la necessità di fare memoria, operazione delicatamente portata avanti dal vescovo Luigi Marrucci, il cui non facile compito è stato anche quello di consolare la città dopo tale prematura perdita».
Conosce la Madonnina delle Lacrime?
«Non sono mai stato a Pantano: ci andrò presto per visitare un luogo che, pur spinto dalla mediaticità a cercare il fenomeno, va valorizzato perché luogo privilegiato di intensa, sincera preghiera».
Giovani disorientati e disoccupati; anziani soli e isolati per la pandemia: quale sarà il suo modo di lavorare in città, quale la sua rivoluzione?
«L'unica vera rivoluzione è l'amore di Gesù, non esiste nulla di nuovo, solo la nostra capacità di un continuo, rinnovato rapporto con Dio. I giovani vanno intercettati, ascoltati, capiti, aiutati. Anche a Civitavecchia che, pur non essendo una metropoli, rischia di lasciarli soli. Attraverso i giovani si può e si deve aspirare a crescere, secondo le oggettive potenzialità della città. La voglia di fare dei giovani deve avere risposta. Anche la povertà diffusa, aggravata dalla pandemia, deve avere risposte concrete, urgenti: dialogherò con le Istituzioni perché davanti alla povertà ci si deve accordare, sempre».
Figlio unico per un destino che nel tempo l'ha privato di tre fratelli, terrà il papà ultranovantenne in Curia con sé per tutta l'estate. Per gli anziani cosa farà?
«Il calo demografico da anni disegna una società futura anziana, per questo serve una decisa azione sociale, culturale ed ecclesiale a favore di coloro che sono nati prima, che li liberi dalla solitudine. L'età anziana va animata, perché solo i nonni possono dare testimonianze ai giovani che li facciano crescere in virtù».
Lo stato di emergenza è stato prorogato al 31 ottobre. Quali indicazioni per i fedeli?
«Come Cei rispettiamo il protocollo con l'Oms, perché i rischi permangono: pur con le difficoltà dettate dalle restrizioni, il nostro livello di attenzione rimane molto alto, attraverso norme igieniche e distanziamento dentro e fuori le chiese, ma non credo che una nuova chiusura totale possa essere sopportata più di tanto dalla gente».
Cresime? Catechesi?
«Seguirò il calendario già deciso dal mio predecessore Marrucci: celebrerò Cresime e Comunioni tra settembre e novembre con un numero selezionato di parenti in chiesa. Per il catechismo guardiamo alle decisioni prese per la scuola: meno ragazzi in aula e più turni per le catechiste».
 
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