Delitto Vannini, il presidente sferza Viola in aula: "No, lei non è credibile"

Viola Giorgini durante la testimonianza di ieri in tribunale
di Stefano Pettinari
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Giovedì 10 Settembre 2020, 15:46
Le ricordo che lei oggi è qui in veste di teste, e che può andare incontro a un'accusa di falsa testimonianza. Perché la sua versione non è credibile. Si potrebbe forse riassumere in questa frase detta dal giudice Giancarlo Garofalo l'udienza che ha visto protagonista Viola Giorgini, fuori dal processo per l'omicidio di Marco Vannini, perché assolta dalla sua iniziale accusa di omissione di soccorso nel primo dibattimento e ieri ascoltata come testimone. A volerlo sono stati gli avvocati della difesa, Andrea Miroli e Pietro Messina. E Viola Giorgini ieri mattina si è presentata puntuale in aula per raccontare quanto accadde la notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015 nella villetta dei suoi suoceri, Antonio Ciontoli e Maria Pezzillo in via Alcide de Gasperi a Ladispoli, quando il padre di Federico, il suo fidanzato, sparò a Marco Vannini. Decisa e spigliata durante l'interrogatorio dei due legali della famiglia Ciontoli, decisamente nervosa, agitata, impacciata e con le dichiarazioni piene di non ricordo, quando invece è stata controinterrogata dal procuratore Vincenzo Saveriano e dallo stesso giudice Garofalo.
TESI RIBADITE
Nella prima parte di fatto ripercorre tutta la serata, ribadendo quanto aveva già detto da imputata durante il primo processo. Il colpo d'aria, l'attacco di panico, l'essersi completamente affidata a quanto diceva il capo famiglia Antonio Ciontoli (presente in aula), autore materiale del colpo della Beretta calibro 9 che ha uccisoo Marco Vannini, l'arrivo dell'ambulanza e il resto. Tutto secondo copione. Marina Conte e Valerio Vannini, genitori di Marco, ascoltano tutto senza tradire la minima emozione. Poi, qualcosa cambia. E' stato lo stesso avvocato Miroli a chiederle conto del perché avesse pronunciato la frase ti ho parato il culo, rivolta al suo fidanzato Federico, nell'ormai famosa intercettazione sul divano della caserma dei carabinieri di Civitavecchia. E Viola Giorgini spiega: «Federico aveva paura che avrebbero potuto accusarlo, perché gli avevano detto che avrebbe dovuto fare il rilievo delle impronte. Lui aveva toccato le pistole e quindi temeva che potessero accusarlo. Io gli ho riferito che nel mio interrogatorio su questa parte avevo detto che era andato a prendere le pistole dopo, dal bagno. In questo senso gli avevo parato il culo».
IL RICHIAMO
E' a questo punto che interviene il giudice, facendo un ragionamento tanto semplice quanto disarmante. «Mi scusi dice innanzitutto su quell'arma non sono state rilevate impronte riconducibili a nessuno. Ma poi, che Federico avesse preso le pistole prima, dopo, dal bagno, o da qualunque altra parte, le aveva comunque toccate, per cui le impronte c'erano. Che bisogno c'era di mettersi d'accordo su dove e quando le avesse prese?». La Giorgini va in confusione. Continua a ripetere che in quella intercettazione sono state dette un'infinità di cose assurde da tutti, lei compresa. Ma non sa dare una risposta al giudice Garofalo, che infatti ribadisce: «Mi dispiace dirglielo signorina, ma la sua versione non è credibile». L'udienza, di fatto, si chiude qui, perché tutto quello che avviene dopo fa solo da contorno. Si riprenderà mercoledì prossimo. E sarà un'udienza importante, perché il Procuratore Savariano esporrà la propria requisitoria e farà le sue richieste alla Corte.
 
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