Covid, tamponi fatti a domicilio ma falsi: infermiera li rubava dall'ospedale: davano finti certificati di negatività

Civitavecchia, tamponi fatti a domicilio ma falsi: davano finti certificati di negatività. Indaga la procura
di Mauro Evangelisti e Stefano Pettinari
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Martedì 6 Ottobre 2020, 00:30 - Ultimo aggiornamento: 15:51

Gli sciacalli del coronavirus. Un’infermiera dell’ospedale San Paolo di Civitavecchia, e il suo compagno sono indagati dalla procura della Repubblica della città portuale con l’accusa di aver rubato e poi eseguito dei falsi tamponi ad un gran numero di persone tra Civitavecchia e Roma. Lei è Simona I., 35 anni, nata a Napoli ma da anni residente a Civitavecchia. Lui è Domenico D., 50 anni, nato a Giugliano in Campania e suo convivente. Per loro l’ipotesi di reato al momento è di concorso in falsità materiale, sostituzione di persona ed esercizio arbitrario della professione medica. Ma i capi d’imputazione potrebbero estendersi ancora, perché con il loro comportamento potrebbero aver causato un diffondersi del contagio e, di conseguenza, di un sostanzioso aumento dei casi di Covid 19 al momento quantificato in decine e decine di persone. C’è di più: c’è il sospetto che il caso di Civitavecchia abbia ramificazioni anche a Roma, con altri furti di tamponi, e l’inchiesta si sta allargando. 

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Tutto inizia il mese scorso, quando il compagno dell’infermiera, spacciandosi per medico, va ad eseguire i tamponi ai lavoratori di una ditta di pulizie a Roma, la “Rapida”, su incarico dello stesso titolare dell’impresa, ignaro del fatto che il cinquantenne non fosse realmente un dottore. Gli esami vengono svolti e dopo qualche tempo arrivano i risultati. È l’11 settembre. Tutti i dipendenti della impresa di pulizia risultano negativi. Ma una delle lavoratrici vuol vederci chiaro, perché nel foglio intestato dell’ospedale Spallanzani, oltre ad esserci scritto che è negativa, c’è una postilla sulla parte finale del documento, dove si dice che in realtà non è esclusa la positività. Che significa? La signora allora decide di andare allo Spallanzani e chiede lumi. Ma è al centro infettivologico le fanno sapere che il responso non è loro. Il risultato non è mai stato redatto dallo Spallanzani. Dallo stesso ospedale capitolino controllano e scoprono, attraverso lo studio d’invio del referto, che è riconducibile alla Asl Roma4, a Civitavecchia. La signora va alla sede di via Terme di Traiano della città portuale, ma anche qui le dicono che quel foglio non è mai stato prodotto nemmeno dalla Asl Roma4. Chi lo ha fatto? È la stessa Asl civitavecchiese che capisce che c’è qualcosa che non quadra ed avverte i carabinieri. Scatta l’indagine. A coordinarla è la pubblico ministero Allegra Migliorini, che attraverso i suoi inquirenti ricostruisce tutto l’iter messo a punto dalla coppia.
L’infermiera, compagna del finto medico, prelevava gli stick dal reparto dove lavora, ortopedia. Sono quelli utilizzati per fare i test alle persone che vengono ricoverate. Li consegnava al suo compagno che poi li utilizzava per i finto tamponi a pagamento, ovviamente ad un prezzo inferiore rispetto a quello standard (un centinaio di euro se eseguiti presso laboratori privati). Lo stesso compagno stilava i falsi referti, dopo averne preso uno vero dello Spallanzani e riproducendolo identico, al computer. Quindi lo compilava, ed a quanto pare faceva sempre risultare negativo il responso. Ed il problema sta proprio qui, perché adesso gli investigatori stanno cercando di capire se tra le persone falsamente testate dal finto medico in realtà fosse positiva al coronavirus. C’è il rischio che una persona infettata abbia continuato a comportarsi come se non lo fosse finendo per diffondere Sars-CoV-2. Da quanto avrebbero scoperto finora gli inquirenti, tra le 30 e le 35 persone si sono sottoposte a questi finti tamponi eseguiti da D’Alterio. Ma in realtà potrebbero essere molte di più, perché sempre stando a quanto emergerebbe dall’indagine, il sistema messo in piedi dalla coppia andrebbe avanti già dall’aprile scorso, per cui il numero potrebbe essere molto più alto.

La coppia è stata anche sottoposta a perquisizione domiciliare qualche giorno fa. I carabinieri della compagnia di Civitavecchia, che stanno portando avanti l’indagine insieme ai Nas di Roma, hanno trovato nell’appartamento dove vivono i due - tra l’altro a due passi proprio dall’ospedale San Paolo - sia gli stick dei tamponi, che altro materiale medico, come lacci emostatici, garze e medicinali di vario tipo. Tutto il materiale è stato fatto visionare ai dirigenti della Asl, che hanno confermato che quei dispositivi erano proprio in dotazione alla struttura sanitaria civitavecchiese. Non solo, i carabinieri del Nas e della compagnia di Civitavecchia, nelle ultime 48 ore, hanno sentito almeno una cinquantina di persone tra Roma e Civitavecchia, con il sospetto che anche queste possano essere state sottoposte ai finti tamponi da parte della coppia.
 

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