Civitavecchia cent'anni fa in ginocchio per la Spagnola

Un'immagine risalente all'epidemia da influenza spagnola del 1918 che causò molte vittime anche in città
di Roberta Galletta
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Mercoledì 1 Aprile 2020, 12:02
A poco più di cento anni dall'ultima pandemia, conosciuta con il nome di influenza spagnola, la comunità mondiale torna a vivere l'incubo della malattia contagiosa che, complice la globalizzazione, si espande con velocità impressionante in tutto il mondo. Una pandemia, quella da Coronavirus, che ne segue altre celebri del passato: tra tutte la peste nera che sconvolse il Medioevo tra il 1346 e il 1353 e l'influenza spagnola arrivata nel 1918, subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, provocando cinquanta milioni di morti.
DURO COLPO
Anche allora il Paese, all'epoca Regno d'Italia, non fu risparmiato dal nefasto accadimento e anche Civitavecchia ne rimase coinvolta soffrendo numerose perdite di militari e, stando al racconto dei più anziani, anche di molti cittadini, sebbene non ci siano in merito specifici riscontri nei documenti dell'epoca. Unica importante traccia resta un telegramma datato 18 ottobre 1918, conservato presso l'Archivio di Stato di Roma e citato nella Storia di Civitavecchia di Enrico Ciancarini, a firma del regio commissario Cossu, inviato al prefetto di Roma per fare presente due richieste alla luce della grave situazione sanitaria dovuta all'influenza spagnola. Sappiamo da questo scritto che se l'epidemia tende a decrescere a Civitavecchia, aumenta invece tra la popolazione di tre frazioni: Santa Marinella, Santa Severa e Ladispoli. A seguire l'epidemia, un unico medico, il dottor Petrangeli. Da qui la richiesta di inviare un altro medico. Nel telegramma il commissario, considerando che i cadaveri venivano trasportati con un solo carro trainato da cavalli, chiese di poter avere in zona anche un camion militare per evitare che i corpi infetti potessero stare a lungo nelle case, provocando ulteriori problemi.
LE RACCOMANDAZIONI
Civitavecchia, come il resto dei comuni italiani, si dovette attenere alle scrupolose regole delle Istruzioni popolari per la difesa contro la influenza emanate nel 1918 in piena emergenza dal Ministero dell'Interno, Direzione generale della sanità pubblica. Rileggendo quel testo si può verificare che anche allora furono imposte semplici ma precise regole da seguire: dall'evitare i contatti con i malati e con i convalescenti d'influenza, al condurre vita sobria e ordinata, sfuggire qualsiasi intemperanza, evitare i luoghi chiusi di pubblico ritrovo di ogni genere, i viaggi non necessari, le cause perfrigeranti; oppure evitare molestie e pericoli ai vicini: non sollevando polvere nei locali frequentati, non sputando sul pavimento e, possibilmente, abituandosi a non sputare affatto, starnutendo e tossendo solo nel proprio fazzoletto, parlando senza proiettare goccioline di saliva intorno a sé. Seguivano le indicazioni per un'accurata igiene della propria persona, nello specifico delle mani e della bocca, per la propria casa, la raccomandazione di non prendere medicine senza il consulto del medico e infine quella di isolare familiari colpiti dall'influenza standone a debita distanza.
OGGI COME ALLORA
Poche e semplici regole. Le stesse che da settimane, a distanza di oltre un secolo, vengono diffuse dalle autorità attraverso i canali di comunicazione. Segno che per evitare il contagio basterebbe davvero seguire le basilari norme di igiene e di buon senso.
 
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