<Mia mamma nella Rsa, io in Australia per lavoro: soffro per lei a distanza>

<Mia mamma nella Rsa, io in Australia per lavoro: soffro per lei a distanza>
di Stefano Pettinari
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Giovedì 2 Aprile 2020, 10:44
Vivere dalla parte opposta del mondo avendo la mamma in una struttura considerata il principale focolaio della città, la Rsa Madonna del Rosario. E' la situazione del civitavecchiese Emilio Gratton, attualmente in Australia, a Perth, con la moglie e la figlia, dove lavora come project manager informatico per un'importante multinazionale. Uno di quelli che in Italia vengono definiti cervelli in fuga. «Mia madre, per fortuna, è tra le pochissime non contagiate dal Coronavirus dice subito - ed è stata spostata in un'altra struttura in provincia di Roma (a Morlupo, ndc). Per ora sembra stia bene, anche se naturalmente nessuno può andarla a visitare. Purtroppo le disposizioni ministeriali non sono state applicate alla lettera e così l'infezione è divampata senza risparmiare nessuno. Sono molto dispiaciuto per gli altri anziani ospiti della struttura di via Buonarroti, alcuni li avevo conosciuti durante le passate feste natalizie e so che sono in condizioni terribili».
Quindi l'ultima volta che ha visto sua madre l'epidemia non era ancora esplosa.
«Sì, siamo stati in Italia per le scorse feste natalizie dopo tre anni di assenza. E' stato un bellissimo momento per tutti noi e ci siamo goduti i nostri familiari e i tanti amici. Ci mancano tanto, ma purtroppo non torneremo presto. Non è così semplice come sembra organizzare con diversi mesi di anticipo un viaggio per tutta la famiglia».
Siete preoccupati?
«Beh sì, e non solo per mia madre. Siamo in forte apprensione per quello che succede in Italia, ma anche in altre parti del mondo. Civitavecchia poi è nel mio cuore e quindi seguo giornalmente gli amici nelle varie chat. Passiamo molte ore a leggere e documentarci su quello che accade e seguiamo i vari dibattiti. Mi sembra incredibile che l'Italia stia soffrendo in maniera così forte questa epidemia e mi chiedo se i numeri forniti dalle altre nazioni siano reali. Trovo inverosimile questa differenza così marcata tra i paesi della Comunità europea, che nei mesi di gennaio e febbraio erano una sola grande nazione senza nessun limite di movimento».
In Australia come state vivendo questa pandemia?
«Qui la situazione è abbastanza tranquilla. Il Governo ha emanato disposizioni chiare per quanto riguarda le persone in ingresso nel Paese già a gennaio e grazie al fatto che l'Australia è sostanzialmente una grossa isola, è stato facile isolare i potenziali contagiati. Nonostante i provvedimenti, comunque, ci sono anche qui alcuni casi di decessi ma sostanzialmente la situazione sembra sotto controllo. Tutte le aziende, molto responsabilmente, hanno iniziato a limitare l'apertura di uffici e gradualmente hanno chiuso pub, ristoranti, negozi non importanti. Adesso anche gli studenti sono tutti a casa. Non c'è un vero e proprio obbligo, ma tutti responsabilmente si stanno auto isolando».
Anche lei sta lavorando da casa?
«A dire la verità, io sono più di cinque anni che lavoro principalmente da casa, con sporadiche attività in ufficio dai nostri clienti. Lavoro per una multinazionale informatica e da ormai un decennio siamo organizzati per lavorare in qualsiasi luogo. L'arrivo del Covid in realtà non ha modificato quasi per nulla il mio lavoro. Anzi, alcune attività si sono intensificate dato che ormai tutti hanno bisogno dell'informatica per lavorare da casa. Rischi per il mio lavoro non ce ne sono. Il Governo australiano ha addirittura dichiarato che il settore informatico è essenziale tanto quanto quelli della sicurezza e della sanità».
 
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