Conquista Cannes "Il Traditore"
il film di Bellocchio su Buscetta

La squadra di "Il Traditore" a Cannes
di Gloria Satta
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Venerdì 24 Maggio 2019, 09:27
Un’ovazione di 14 minuti accoglie a Cannes Il Traditore, unico candidato italiano in concorso. Il pubblico, in piedi, urla a più riprese “Bravo!”, “Marco!”. Emozionato il regista Marco Bellocchio, 80 anni a novembre.  Occhi lucidi per il protagonista Francesco Favino che, alla soglia dei 50, raggiunge l’apice del talento interpretando il mafioso pentito Tommaso Buscetta. In attesa della Palma d’oro che verrà consegnata domani sera, al 72mo Festival dei grandi nomi ha fatto centro il film che riporta il cinema italiano in serie A e, nonostante l’avanzata inarrestabile di Vendicatori e cartoon sui botteghini, ha il potere di mandare gli esercenti in fibrillazione: «Avevano chiesto ancora più copie della pellicola che esce oggi in 350 sale», spiega Paolo Del Brocco, ad di RaiCinema che da vent’anni affianca il regista di I pugni in tasca.
INSONNIA. Bellocchio ha atteso l’anteprima di Il Traditore con trepidazione. «La notte scorsa non sono riuscito a dormire», rivelava prima della proiezione il maestro che, per ingannare l’insonnia pre-Festival, ha pensato bene di leggere un saggio sul maoismo, «una religione che tanti anni fa aveva conquistato anche me». Poi la tensione si è sciolta e Marco ha raccontato la genesi del film che, accanto a Favino, schiera un cast di prim’ordine: Luigi Lo Cascio nella parte di Totuccio Contorno, Fausto Russo Alesi in quella del giudice Giovanni Falcone, Fabrizio Ferracane alias Pippo Calò, Maria Fernanda Cândido nei panni della moglie brasiliana di Buscetta.
«Quando il produttore Beppe Caschetto mi ha proposto di raccontare la parabola del pentito di mafia più famoso, lì per lì ho pensato che fosse un tema estraneo alla mia ispirazione: io, di Piacenza, cosa c’entro con gli omicidi mafiosi di Palermo?», spiega Bellocchio. «Poi, man mano che mi documentavo, sono rimasto affascinato dall’uomo che decise di rivelare i segreti di Cosa Nostra consentendo alla magistratura di decapitare l’organizzazione criminale. Non lo considero un eroe, sia ben chiaro, ma un uomo coraggioso sì: ha rischiato la vita per difendere i suoi figli e la tradizione, in una parola il suo passato».
CARISMA. Epico senza mai essere celebrativo, il film (sceneggiato dal regista con Valia Santella Ludovica Rampoldi e Francesco Piccolo) si affida al carisma di Favino, ingrassato di nove chili «per meglio rendere l’estrazione rurale di Buscetta» e bravissimo nel restituire la teatralità, la vanità del personaggio. «Sappiamo di lui soltanto quello che ha voluto farci conoscere», ragiona l’attore. «E’ stato uno stratega della comunicazione, ha costruito la memoria di se stesso e il mito che ancora sopravvive in Brasile. Io non credo a molte cose che ha raccontato, ma condivido con lui il romanticismo, la fede negli ideali, l’amore per la famiglia».
Favino, che recita con disinvoltura in siciliano stretto e in portoghese, non crede nemmeno nell’amicizia che il mafioso pentito millantava di avere con Falcone: «Il magistrato è stato l’unico a manipolare Buscetta. Entrambi, sia pure da due lati opposti della barricata, hanno creduto nei propri ideali fino in fondo». Interessante, per l’attore, anche il comportamento del cosiddetto Boss dei Due Mondi: «Nascondeva le minacce dietro i modi gentili incutendo ancora più terrore, a Natale faceva gli auguri ad Enzo Biagi che l’aveva intervistato. E il confronto con Contorno al Maxiprocesso di Palermo, nel 1986, si trasformò in un autentico pezzo di teatro a base di allusioni destinate agli altri criminali».
SLANG. Colpisce anche Lo Cascio nel ruolo di Contorno: nel 2000, nel film di Marco Tullio Giordana I cento passi, l’attore interpretava il giornalista Peppino Impastato assassinato da Cosa Nostra e ora con Bellocchio ha cambiato campo. «In Il Traditore recito nello slang dei quartieri di Palermo, l’ho imparato andando a scuola alla Kalsa», racconta l’attore siciliano, «e dopo ogni scena, Bellocchio mi diceva: non ho capito niente, quindi va benissimo». Aggiunge Russo Alesi: «Interpretare un gigante come Falcone è stata un’emozione enorme, mi sono sentito inadeguato».
CINEMA CIVILE. Il regista è venuto molte volte a Cannes, ma un paio di partecipazioni al Festival gli sono rimaste impresse: «Nel 1976 presentai Il Gabbiano e la pellicola si guastò: niente proiezione. Poi, nel 1980, Michel Piccoli venne premiato per il mio Salto nel vuoto: a battersi per me, schierato a sinistra, fu il giurato Gian Luigi Rondi, uomo di destra». Ma perché il cinema d’impegno civile in Italia non lo fa più nessuno? «Colpa della tv. Ha ucciso l’ispirazione».
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