Sharon Tate aveva 26 anni, le mancavano due settimane al parto. Era un'attrice in ascesa, star di “La valle delle bambole” e “Barabba”, ma nei suoi confronti gli assassini non mostrarono alcuna pietà. Quella notte Polanski si trovava a Londra e Sharon aveva chiesto a sua sorella di venire a trovarla per la notte, ma lei non aveva accettato e allora si era rivolta a degli amici. Quando la cameriera entrò in casa la mattina dopo, trovò stesi sul pavimento in un lago di sangue anche Jay Sebring, parrucchiere della donna, Wojciech Frykowski, regista polacco, e la sua fidanzata Abigail Folger. Poco fuori dalla casa venne ritrovato anche il corpo di Steve Parent, 18 anni, freddato da un colpo di pistola per la sola colpa di essere passato vicino alla casa mentre gli assassini ne uscivano.
Charles Manson, deceduto il 20 novembre 2017 in carcere, era convinto di essere il portatore di un “ordine nuovo”, profeta e signore, e desiderava in tutti modi diventare una star. Ordinava gli omicidi ai suoi seguaci senza seguire una logica precisa e, spesso, senza nemmeno conoscere le future vittime. “La Famiglia” eseguiva senza porre domande.
Nel caso della Tate, pare che solo casualmente Manson fosse venuto a conoscenza che era lei ad abitare la villa di Los Angeles, che prima era appartenuta a un produttore musicale che gli aveva rifiutato una canzone. Sharon venne sepolta nell'Holy Cross Cemetery di Culter City, insieme con il suo bambino, Paul Richard Polanski. I responsabili vennero arrestati nel 1971 e condannati al carcere a vita.
Cinquant'anni dopo la vicenda torna sugli schermi con due film. “C'era una volta ad Hollywood”, di Quentin Tarantino, in cui è Margot Robbie a impersonare Sharon, che uscirà il 19 settembre in Italia e, il 22 agosto, “Charlie Says”, bio-pic diretto da Mary Harron che racconta in forma di documentario la storia del serial killer.
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