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di Enzo Vitale

Spiare il respiro della Terra per prevedere le eruzioni vulcaniche, il progetto Chronos è tutto made in Italy

Il vulcanologo Diego Perugini
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Mercoledì 25 Aprile 2018, 22:23 - Ultimo aggiornamento: 26 Aprile, 14:18
 

(Il geologo e vulcanologo umbro Diego Perugini)


«La Terra è un pianeta vivo che respira con i vulcani. Dobbiamo convivere con questi fenomeni naturali e accettarli perché, paradossalmente, è anche grazie a loro che abbiamo potuto colonizzare questo pianeta e sviluppare la nostra civiltà».
Diego Perugini, geologo, docente ed esperto di vulcanologia dell’Università di Perugia, sta gestendo importanti progetti che hanno avuto cospicui finanziamenti dall’Unione europea. Uno di questi si chiama Chronos e il suo obiettivo rasenta un racconto di fantascienza: cercare di capire l’orologio di funzionamento delle eruzioni vulcaniche.
«Il nostro gruppo è a buon punto -esordisce lo scienziato-. Grazie allo sforzo di questo affiatato team di ricerca stiamo rispettando la tabella di marcia. I laboratori sono stati costruiti a tempo di record, basti pensare che già dopo sei mesi dall’inizio del progetto abbiamo effettuato i primi esperimenti. Inoltre, molti risultati riguardanti le stime delle tempistiche delle eruzioni di alcuni vulcani, sono già stati pubblicati sulle più importanti riviste internazionali».
Ad oggi il team ha studiato (ma le ricerche sono ancora in corso e proseguiranno per altro tempo) i vulcani dei Campi Flegrei, il Vesuvio, Stromboli e Vulcano (Isole Eolie), il monte Fuji (Giappone), il monte Peleè (Isola della Martinica, Caraibi), il vulcano Eyjafjallajökull (Islanda), il vulcano Calbuco (Cile), e il vulcano Teide (Tenerife, Isole Canarie), ma altri “pericolosi soggetti” si aggiungeranno nel prossimo futuro. «Oltre a studiare le rocce eruttate dalle eruzioni passate -spiega Perugini-, stiamo cercando di recarci in tempo reale sui luoghi delle eruzioni in modo da poter seguire in diretta lo sviluppo del fenomeno nel tempo e raccogliere campioni di roccia freschi (si fa per dire …). E’ quello che è successo per esempio con il vulcano Calbuco (in Cile) che ha eruttato nel 2015. Questa eruzione, molto particolare perché è avvenuta senza nessun segnale di preavviso, l’abbiamo studiata per la prima volta noi a Perugia».
Ma cosa stanno studiando di preciso i ricercatori dell’università di Perugia e con quali sono progetti nel dettaglio?

LA RICERCA
I fondi ricevuti dall’Europa sono utilizzati per due progetti in particolare: Vertigo e Chronos. Il primo si incentra sullo studio dell’impatto della cenere emessa dalle eruzioni vulcaniche sulla società, la salute e l’ambiente.
«L’esempio più esplicativo -spiega ancora il ricercatore-, è l’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajökull nel 2010 che ha paralizzato il traffico aereo in Europa per i problemi che la cenere avrebbe potuto arrecare ai motori degli aerei». Il secondo, invece, riguarda la costruzione di un laboratorio di vulcanologia sperimentale in cui si cerca di misurare le tempistiche delle eruzioni vulcaniche.
«Inutile negarlo -commenta soddisfatto Perugini-, Chronos è il mio sogno che è diventato realtà. Non significa che riusciremo a prevedere eruzioni vulcaniche, ma si tratta di un primo passo in questa direzione. Le eruzioni vulcaniche congelano nel tempo il processo di mescolamento nelle rocce, che diventano una specie di orologio rotto sulla scena di un crimine, segnano l’ora dell’incidente. Il nostro compito è quello che riprodurre in laboratorio il processo di mescolamento utilizzando magmi naturali ad alte temperature in modo tale da poter stabilire il tempo che è passato dall’inizio del mescolamento in profondità fino all’eruzione del magma».

SOTTO CONTROLLO
Il team, in Italia, si è concentrato sui vulcani dei Campi Flegrei, del Vesuvio e dell’Isola di Vulcano. «Il risultato sorprendente -dice ancora Perugini- è che i tempi che abbiamo stimato sono molto brevi, dell’ordine delle ore, o al massimo dei giorni, lasciando un piccolo margine di preavviso. Questa informazione è essenziale, ad esempio per la Protezione Civile, per prendere decisioni su come gestire una crisi vulcanica». Nel gruppo ci sono Daniele Morgavi, Maurizio Petrelli, Francesco Vetere e Laura Spina, ricercatori reclutati dallo stesso Perugini.
Ma si potrà mai prevedere con un certo anticipo un’eruzione vulcanica? «È difficile da dire -conclude lo scienziato perugino che non risparmia anche frecciatine-. Dal punto di vista concettuale abbiamo a disposizione modelli molto avanzati che lasciano ben sperare, anche grazie al lavoro che abbiamo svolto noi a Perugia. L’Italia purtroppo, nonostante ospiti il maggior numero di vulcani attivi in Europa, pare essersi completamente disinteressata alla ricerca scientifica in generale, e a quella geologica in particolare. Questo non facilita certamente il raggiungimento di questo obiettivo».


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