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di Enzo Vitale

Ettore Majorana, una ricerca stile X-files: un'altra ipotesi sulla scomparsa del fisico atomico

L'avvocato Arcangelo Papi nel suo studio di Assisi
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Martedì 8 Gennaio 2019, 18:06 - Ultimo aggiornamento: 18:48

(L'avvocato Arcangelo Papi nel suo studio di Assisi)

LA RICERCA
E’ una storia che lo appassiona ormai da decenni. Ha raccolto tanti di quei documenti che un solo libro non basterebbe. Ha controllato, verificato, argomentato, letto e cercato ogni indizio che potesse far luce su uno dei casi più misteriosi della storia del nostro Paese: la scomparsa del fisico atomico Ettore Majorana.
L’avvocato Arcangelo Papi vive ad Assisi. Il suo studio è una specie di museo-biblioteca. Libri, ritagli di giornale, testimonianze, riviste e tanto altro ancora. Nei confronti degli altri “esperti di Majoranologia” è critico. Ha parole positive solo per Erasmo Recami, il docente di Fisica capostipite della vicenda legata allo scienziato scomparso nel marzo del 1938.

Avvocato Papi, veniamo subito al dunque: secondo lei quale è stata la fine di Ettore Majorana?
«Majorana non si gettò dal piroscafo, come pretendevano Emilio Segrè, nella sua autobiografia postuma, pubblicata in Italia nel 1995, e Bruno Russo, nel suo saggio del 1997, con prefazione di Maria Majorana, che morirà di lì a poco. Il caos ha preso il sopravvento sulla ragione».

Cosa intende dire?
«La scomparsa per lettera fu concepita ad arte per giustificare una lunga assenza necessaria. Le lettere sono caratterizzate da una serie chiarissima di segnali. “Il mare mi ha rifiutato e ritornerò all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio”, ad esempio, contiene -racchiusa in sé- la spiegazione delle ragioni di una sparizione premeditata e delinea pure almeno due fatti certissimi: che Ettore non andò a Palermo e che il caso era veramente differente».

Teorie e ipotesi infondate dunque...
«Sono del resto infondate le varie ipotesi di autori purtroppo disattenti, tra cui anche lo stesso Leonardo Sciascia: Ettore non giocò a nascondino, non si buttò della nave, non fu rapito o eliminato»

Come ha iniziato a interessarsi del caso?
«Dal 1991 quando uscì da Mondadori il notissimo saggio di Erasmo Recami. Avevo già letto il romanzo di Sciascia. Iniziai a studiare criticamente l’epistolario di Majorana. Il lavoro di Recami è fondamentale. Con Recami ho intrattenuto rapporti diretti, come con Umberto Bartocci ed altri. Ma, a mio parere, ambedue hanno commesso degli errori. Una menzione speciale, invece, va pure fatta per il professor Giorgio Dragoni dell’Università di Bologna. Siamo molto amici».
In base ai suoi studi, quella sera del marzo del 1938, cosa è accaduto?
«Non si tratta di “studi” accademici, ma di critica testuale corretta e di attento vaglio delle fonti. Quella “sera” o quella “notte” è un concetto sbagliato. Majorana lasciò l’albergo Bologna verso le ore 17 di venerdì 25 marzo, dopo a aver saldato il conto, lasciando tutte le sue robe in “stanza”. Basti osservare l’imbarazzo del procuratore Laviani che tre righe prima - nel suo decreto di archiviazione del 2015 - parlava di “scomparso” il 24 marzo - sic - e tre righe dopo “scomparso” il 26!».

Cosa pensa della recente indagine della Procura di Roma?
«Credo di sapere come fece Ettore a sparire, quando e dove. Quello che posso dire adesso è che quel venerdì pomeriggio del 1938, dal porto di Napoli c’era una nave tedesca in partenza».

E di Majorana in America del Sud con documenti falsi nel 1938?
«Non diciamo sciocchezze!».

Quindi il mistero rimane?
«Trattare in breve del caso Majorana non solo è difficile, ma è praticamente impossibile. Tuttavia può essere puntualizzata la questione di metodo e si può anche essere certi del fatto che nessuna della ipotesi finora enunciate sulla scomparsa può attagliarsi alle lettere del 1938 ed ai fatti e alle modalità di sparizione. Anche la teoria del cosiddetto “caso esterno involontario”, cioè l’eliminazione tombale o il rapimento, è contraddetta in primis ed è negata dalle parole di Majorana e dalla rappresentazione del suo comportamento. La verità provata, ma finora sfuggita agli autori su Majorana, è che quelle stesse lettere del 1938 contengono la spiegazione autentica del vero Autore di se medesimo. Ettore era un genio straordinario, e non è possibile trattarlo da folle, da sciocco, o da sbadato. La sua scomparsa, solo apparentemente contraddittoria, integra e supera il famoso paradosso del mentitore». 

Si spieghi meglio
«Dal punto di vista del metodo è necessario distinguere il prima dal “dopo” (il 25 marzo 1938, scomparendo, Majorana aveva pronunciato un poi orale e messo per iscritto due dopo) e occorre rendersi conto se in effetti la trama era spezzata in due oppure era un “caso” continuo. Le lettere del 1938, correttamente interpretate (cosa che non è stata neppure tentata, ma già il 22 aprile 1938 il fratello Salvatore aveva concluso nel senso di “un programma deliberato di sparizione”), consistono in una serie continuata di segnali di preavviso, esprimono due teoremi logici vincolanti, e definiscono per anagrammi elementari i dettagli».

Quali allora, secondo lei, gli elementi chiave?
Più che di elementi parlerei di parole chiave: sono due e aprono l’urna del segreto: “sole” e “Hitler”».

enzo.vitale@ilmessaggero.it


 
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