Tendenza Latella
di Maria Latella

La "brutta figura". Ma sara' vero che le donne la reggono meglio?

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Martedì 14 Gennaio 2014, 13:49
Valerie Trierweiler, compagna forse pro tempore del presidente Hollande, è finita diritta all'ospedale. Per il dolore di sapersi tradita, certo. Ma forse anche per l'orrore di immaginarsi cornuta a livello globale. Se tuo marito annuncia:"Ho un'altra", si soffre assai. Se lo annuncia urbi et orbi la copertina di "Closer", lo choc è di quelli che, appunto, necessitano una settimana di cura del sonno. I riflettori accesi sulla premiere dame di Francia suscitano inquietudine: come reagiremmo a una pubblica umiliazione? Valerie Trierweiler smentisce il neo imperante luogo comune secondo il quale le donne reggono meglio le pubbliche catastrofi? Perché fino al suo ricovero in ospedale sembrava proprio che le donne reggessero meglio. Sembrava. Ce ne eravamo convinti per il fiero incedere di Nigella Lawson, in marcia verso il tribunale dove il giudice le avrebbe chiesto della lite col suo ex marito Saatchi, del dissennato consumismo delle sue due governanti italiane, e, cosa molto più insidiosa, del suo presunto debole per la cocaina. Soprabito e messa in piega impeccabile, sguardo rivolto ai fotografi, Nigella era apparsa come la statua vivente della dignità calpestata. Non una parola, non un gesto superfluo. Può non stare simpatica (a me per esempio), però chapeau. E Anne Sinclair, già coniugata Strauss Kahn? Anche lei non una parola fuori posto e invece la grinta (e un sacco di soldi) per ricominciare una nuova vita. Due settimane fa era sulla copertina di un settimanale francese per la fresca love story con un ottantenne, accademico di Francia. Secondo la columnist del Financial Times, Lucy Kellaway, le donne reggono sicuramente meglio le pubbliche umiliazioni sul fronte professionale. Se il capo non lo invita a una riunione di routine il maschio va in crisi e si sente emarginato. Una donna ne approfitta per andare dal parrucchiere. Certo, se la cosa si ripete, anche una donna sviluppa la sindrome da emarginazione ma, almeno all'inizio, le cose non vengono prese in modo drammatico. "Che cosa pensa il mondo di me?" è una domanda che ci fa sorridere. Almeno fino a quando è davvero il mondo (dalle tv e dalle prime pagine dei giornali) a recapitartela.
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