Rugby Side
di Paolo Ricci Bitti

 Sei Nazioni azzurro: amarezza, una medaglia di bronzo e qualche record, il paradosso continua

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Lunedì 30 Marzo 2015, 16:33
Avrei dovuto scrivere da parecchi giorni del Sei Nazioni azzurro, ma lo sconforto e lo smarrimento ancora bruciano. Troppo distanti le orbite in cui sfrecciano i due mondi del paradosso di questa nazionale.

AMAREZZA
Nella prima, molto molto lontana del Sole del sistema Ovalia, c’è il cupo senso di impotenza del secondo tempo con il Galles o di quello con la Francia. E l’incapacità di mettere in crisi almeno per un po’ l’Irlanda. Bui presagi soprattutto in vista dei Mondiali in Inghilterra, dove approderemo ancora una volta (la terza consecutiva) guidati da un ct in scadenza, Jacques Brunel, così come era accaduto con Berbizier nel 2007 e con Mallett nel 2011. Per adesso quel viaggio sembra diretto a doppiare Capo Horn con un canotto piuttosto che a sorvolare la vicina Manica se non in Prima classe almeno in Turistica.

MEDAGLIA DI BRONZO
Nell’altra orbita, illuminati e a prova di qualsiasi eclissi, sono scritti i dati che resteranno negli annali. Non sembra vero, non può essere vero, ma è così: il Sei Nazioni appena concluso al quinto posto dall’Italia è il terzo migliore in assoluto in 16 partecipazioni. Grazie all’impresa di Edimburgo, questa edizione ha davanti solo le due annate d’oro (2007 e 2013) in cui gli azzurri vinsero due partite.

Poi ci sono gli spettatori, che continuano a crescere, adepti del sempre più misterioso sport mai praticato in Italia: la corsa per salire sul carro dei perdenti. L’Olimpico ha ormai allestito dieci giornate di festa dal 2012 e la media dei fedeli è superiore a quota 63mila. Inutile cercare in altri sport italiani, per di più in anni di crisi, questi trend che portano utili favolosi alle casse delle federazione, senza calcolare i guadagni in fatto di immagine e di entusiasmo che spingono sempre più bambini a praticare mete e placcaggi. E poi sono in aumento anche gli sponsor della nazionale: tra gli ultimi arrivati c'è una multinazionale come la Danone.

RECORD
Altro fenomeno davvero unico, perché a tutto guardano queste imprese meno che ai sentimenti. Se investono soldi in una nazionale, se legano per più anni il loro marchio agli azzurri che hanno vinto 2 partite fra le ultime 16, vuole dire che un tornaconto finanziario è garantito. E infine sono lievitati, sempre a suon di sconfitte alcune nemmeno onorevoli, anche gli spettatori di DMax: più 10% rispetto al primo anno del ritorno del Sei Nazioni in chiaro, picchi di oltre 800mila persone davanti alla tv e la conferma che l’investimento nel Torneo vale fino all’ultimo euro. Quando DMax trasmette Parisse & Co. più che raddoppia (+123%) gli ascolti e diventa il quinto o il sesto canale nazionale, saldamente all’interno della riserva aurea dei primi nove tasti del telecomando.

AMAREZZA BIS
Ma allora perché, nonostante queste cifre, resta ancora tanto amaro in fondo alla gola? Forse perché gli anni passano e ogni volta diventa più faticoso riprogrammarsi andando a pescare fra i ricordi di quei tempi, non così lontani, in cui l'Italia semplicemente non esisteva per le grandi del rugby.






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