Rugby Side
di Paolo Ricci Bitti

Rugby World Cup: la leggenda della fabbrica dei numeri 10 e un nuovo indirizzo per gli azzurri 

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Venerdì 25 Settembre 2015, 01:46
Dalla leggendaria valle gallese del Rhondda alla lontana Nuova Zelanda riecco la fabbrica del numeri 10: forse, allora, la soluzione è più facile del previsto, forse non bisogna trovare un nuovo Dominguez già pronto, forse (con un senso di programmazione rivoluzionario per il nostro rugby) si può già pensare al dopo Allan e al dopo Canna nonostante i due siano poco più che ventenni. Forse, per risolvere finalmente l’atavico e anche imbarazzante problema azzurro della mancanza di mediani di apertura, basta spedire adolescenti italiani che lascino intravedere già un buon talento a studiare inglese, matematica e rugby alla Christchurch Boys’ High School. Eh, dite, non è dietro l’angolo? No, è esattamente agli antipodi dell’Italia, ma sentite che referenze vanta questo liceo neozelandese, faro dell’istruzione della città che ha pure tre H (come le porte della palla ovale) nel nome. Dunque, ricapitolando, ne sono stati alunni le seguenti aperture (laggiù le chiamano first/five) degli All Blacks: Andrew Marthens (dal 1995), Aaron Mauger (dal 2001), il sommo Dan Carter (dal 2003, detentore del record mondiale di punti: 1.532) e Colin Slade (dal 2011). Vabbeh, ridete, facile trovare mediani di apertura per gli All Blacks in Nuova Zelanda? Giusto, ma l’impresa di questi giorni del Giappone contro il Sud Africa ha fatto venire in mente altri due illustri alunni dell’ high school in questione: Kosei Ono e Shaun Webb. Il primo ha guidato sabato scorso a Brighton gli assalti giapponesi contro la fortezza che pareva imprendibile degli Springboks vincendo la battaglia più sorprendente nella storia del rugby, il secondo (kiwi di nascita) gli ha conteso spesso la maglia numero 10 alzando così il livello del gioco di entrambi. E se ci è andato un giapponese a studiare, con grande profitto, rugby alla Christchurch Boys’ High School perché non ci può andare un italiano? Tra l’altro, già che c’era, lo staff tecnico di questo liceo ha plasmato parecchi altri soggetti interessanti: senza andare troppo indietro negli anni, ecco Sir Graham Henry, ct degli All Blacks campioni del mondo nel 2011, e Steve Hansen, colui gli è subentrato nell’incarico. E poi gli All Blacks, assortiti nei ruoli: Retallick, Romano, Owen e Ben Franks. Può bastare, direi. Questa storia della fabbrica neozelandese di favolosi mediani di apertura anche da esportazione rimbalza in testa a ogni curva mentre ripercorriamo il tragitto tra Londra e Leeds, dove sabato saranno di nuovo in campo gli azzurri contro il Canada. Come quando si gioca, non si procede mai, in questi trasferimenti con amici fidati come compagni di squadra, solo per linee diritte, ma si tende ad allargare la manovra: così questa volta il pellegrinaggio ha portato dopo tanti anni di nuovo in Galles, nella valle del Rhondda, affluente del Taff, il fiume che a Cardiff bagnava l’Arms Park e che dal 1999 bagna il Millennium Stadium. Sì, com’era verde la mia valle: verdissima e ancora un po' malinconica nonostante l’insolito sole di fine settembre. Anche se, miglio dopo miglio, in effetti gli scenari risultano più lievi rispetto al primo viaggio durante la coppa del mondo del 1991, quando gli strascichi davastanti della chiusura forzata delle miniere dopo i lunghi scioperi dei minatori erano ancora storia di poco prima. Molte zone si sono spopolate del tutto, altre hanno visto crescere villaggi di casette di mattoni rossi cupo, ma l’aria è da crisi, quella nuova, quella che morde adesso l’Italia, in corso di superamento. Però quando si passa davanti ai capannoni di una miniera chiusa – e capita di frequente – viene da trattenere il respiro. Ma si va avanti perché poi si è alla ricerca di qualcosa di bellissimo che non si potrà mai trovare, come la pentola piena di monete d’oro ai piedi dell’arcobaleno. E la laggenda della fabbrica dei mediani apertura gallesi della golden era dei Dragoni tra gli anni 60 e 70: Cliff Morgan, Barry John, Phil Bennett, per dire i primi che riaffiorano con la voce di Bill McLaren insieme al loro favoloso modo di camminare sull’acqua segnando e facendo segnare mete travolgenti. Il Galles, in quegli anni, era anche meglio degli All Blacks, di sicuro giocava un rugby più entusiasmante grazie a quegli illuminati registi. Un po’ alla volta nacque la leggenda della fabbrica dei mediani di apertura, un opificio misterioso e segreto che alcuni individuavano appunto nella valle del fiume Rhondda le cui acque, in effetti, di collina in collina, di miniera in miniera, di villaggio in villaggio, arrivano fino al tempio dell’Arms Park dopo essersi unite a quelle del fiume Taff. No, anche in questo tour di nuovo legato ai Mondiali, quella fabbrica di numeri 10 non l’abbiamo scoperta, ma è ugualmente stato bello cercarla chiedendo di essa in vecchi pub mentre dall’altra parte del mondo riecheggiava la notizia di una nuova fabbrica di mediani di apertura. Forse ancora più redditizia, certo meno leggendaria se non altro perché pigiando i tasti è facile trovarne l’indirizzo e il numero di telefono.
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