Rugby Side
di Paolo Ricci Bitti

 Rugby World Cup - Dalla noia del Tmo alla gioia del televoto

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Mercoledì 23 Settembre 2015, 13:00
LONDRA  Che noia il Tmo (l’arbitro alla moviola che nel rugby aiuta il collega in campo) ma che noia insopportabile anche le critiche al Tmo. Sì, è vero, in questa elefantiaca Coppa del Mondo di rugby in corso in Inghilterra non se ne può più delle interruzioni non solo per capire se è la meta sia valida o no, ma anche per ricostruire se McCaw si sia soffiato il naso con le dita oppure con il fazzoletto. Non se ne può più di arbitri deresponsabilizzati che non decidono più nulla oppure, peggio, che cambiano parere dopo aver guardato i maxischermi allo stadio. Non se ne può più delle partite che durano un quarto d'ora in più, tutto speso sguardo all’insù in attesa del vaticinio dell’oracolo Tmo, intento a frugare tra le viscere dell’azione un fotogramma alla volta. Epperò che noia anche questa raffica di critiche. Dobbiamo imparare a vedere l’onnipresente Tmo, specialmente adesso che ci vede ancora meglio grazie all’occhio di falco, come una grande, magnifica opportunità: quei 10 minuti supplementari, se siamo allo stadio, possiamo impiegarli per andare a prendere un panino, per scambiare due chiacchiere con i vicini (nel rugby sono amici anche i tifosi avversari), casomai per una rapida incursione alla toilette. Se invece siamo a casa, le occasioni di utilizzare questi preziosi intermezzi si moltiplicano: oltre a quelle già elencate diventa possibile dare un’occhiata agli altri canali tv, terminare il riassetto della cucina, fare una lavatrice, occuparci del partner che magari non è così interessato al rugby. Ma la svolta che presto sarà possibile, come sta pensando in effetti World Rugby, la federazione internazionale ovale, e che aprirà scenari mai neppure immaginati nel mondo dello sport, è rappresentata dall’introduzione del televoto come nei miglior talent show. Pensateci, non sarebbe magnifico? Dato che arbitro e Tmo a volte non si mettono d’accordo neppure davanti alle immagini ripetute mille volte, perché non affidare la decisione alla democratica scelta del pubblico, a casa come allo stadio. La tecnologia aiuta: in pochi secondi (altro che gli eterni minuti che si è costretti ad attendere adesso), pigiando il testo del telecomando o inviando un sms, la maggioranza degli spettatori farebbe sapere come la pensa. Che democrazia, che trasparenza, che libertà di partecipare (come cantava Gaber): avanti, parrucconi al comando del rugby, avete a portata di mano la possibilità di cambiare davvero il volto di questo sport. E nella vostra giusta ansia riformista non tenete conto di quella spiacevole e fastidiosa minoranza luddista che invece crede che la forza del rugby sia nel rispetto delle sue trisecolari tradizioni.
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