Quest'America
di Anna Guaita

Siamo tutti pedinati

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Venerdì 19 Dicembre 2014, 22:02
NEW YORK – Se non sapete dove guardare, non le vedete. Sono piccole e ben camuffate. Sono appollaiate sopra pali della luce elettrica, in mezzo alle antenne di telefonia mobile, sulle arcate dei ponti, sopra i semafori. Ma sono anche sulle auto della polizia, che le porta in giro per tutte le strade e gli incroci delle città. Furono adottate subito dopo gli attentati del 2001, con lo scopo dichiarato di tenere sotto controllo i punti nevralgici del Paese: ambasciate, scuole, uffici federali, aeroporti, stazioni ferroviare e degli autobus. Ma ora sono dappertuto. Le ALPR, le Automatic License Plate Readers, sono piccole telecamere che fotografano oltre cento targhe al minuto. A Los Angeles, città dove l’associazione per i diritti civili ACLU ha fatto ricorso contro l’abuso di questo sistema di “pedinamento” elettronico, le alpr fotografano e archiviano 3 milioni di targhe a settimana, cioé più della metà del totale delle automobili che circolano nella città californiana. Nello Stato del New Jersey si arriva a 5 milioni. Non si sa quante siano a New York, ma il numero sta sicuramente crescendo da quando all’inizio dell’anno il governatore Andrew Cuomo ha concesso alla polizia mezzo milione di dollari per comprare decine. Cosa c’è di male se la polizia registra le targhe delle automobili? Nulla, se davvero usasse i dati raccolti per estrapolarne quelli di persone sospette e buttasse quelli che riguardano i cittadini innocenti. Ma questo non avviene: milioni e milioni di fotografie di targhe possono ora essere conservate digitalmente per un costo irrisorio, e le polizia di quasi tutti gli Stati (il New Hampshire le ha vietate) non solo le conserva, ma le scarica in banche dati regionali, in cui le agenzie federali possono a loro volta pescare. Ciò significa che se domani un’agenzia federale o una stazione di polizia locale volessero avere informazioni su un qualsiasi “John Smith”, potrebbero mettere insieme tutte le foto della sua targa prese nel corso di giorni e giorni o addirittura settimane o mesi e ricostruire praticamente tutta la sua vita, senza neanche bisogno di pedinarlo: possono scoprire quando esce di casa la mattina, che strada fa, se porta o no i figli a scuola, se va in chiesa o in sinagoga, in che ufficio lavora, se va in biblioteca o a mangiare da McDonald’s, in quale supemercato fa spese, quali sono i suoi dottori, se frequenta prostitute o palestre,  ecc ecc. Dai movimenti della sua targa, le autorità possono ricostruire quel che fa, senza bisogno di chiedere il permesso di perquisire la sua casa o ascoltare le sue telefonate. Il collega Flavio Pompetti – che oltre a collaborare al Messaggero collabora anche a CarBlogger.it, un blog dedicato all’industria dell’automobile  – mi segnala che simili telecamere sono comparse anche in alcune cittadine italiane. Dunque siamo tutti pedinati, senza saperlo. E dovremmo tutti chiedere ai nostri governi di dirci che cosa intendano fare di questi dati, e perché non cancellino quelli delle persone innocenti. Un dato impressionante: la polizia di Los Angeles ha ammesso che solo lo 0,2 per cento dei milioni di numeri di targhe che ha raccolto e archiviato è effettivamente servito per indagini su azioni illegali o criminali. 
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