Quest'America
di Anna Guaita

 Sesso nei campus? Solo dopo un "sì" esplicito.

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Martedì 2 Settembre 2014, 05:45
  «Chi tace acconsente». Ma è proprio vero? E se chi tace è ubriaca? O ha ingoiato chissà quale pasticca che l’ha rimbecillita? Il quesito è diventato di pressante attualità ora che sta venendo alla luce quanto le università americane abbiano chiuso un occhio nei casi di aggressioni sessuali in cui le ragazze erano rimaste diciamo così “passive”. Nel mezzo di un dibattito esploso negli ultimi anni, la California ha appena passato una legge che cambia le carte in tavola: d’ora innanzi non basta il silenzio, quando le carezze si fanno più ardite bisogna che la coppia dica un aperto e inequivocabile “sì”. La legge votata in California deve entrare a far parte dei regolamenti di ogni singola università. Ogni studente deve sapere che il comportamento da seguire è il seguente: «E’ giusto cominciare un’attività sessuale quando fra le due persone ci sia un accordo in senso affermativo, consapevole e volontario». Se il college non accetterà di fare propria questa regola, perderà i finanziamenti statali. Tuttavia nessun college californiano ha cercato di fermare o ritardare l’approvazione della legge. Finora, a guidare il comportamento sessuale “corretto” era il semplice comandamento «no means no». Cioé: no significa no, e quindi se uno dei due dice “no”, l’altro si deve fermare. Se ne deduceva che chi non dice no, chi non apriva bocca, chi taceva, voleva dire sì. Ma negli ultimi anni è appunto venuto fuori che tante ragazze hanno subito violenze perché erano o troppo spaventate per aprire bocca o sotto l’influenza dell’alcol o delle maledette “roofie”, la cosiddetta “pillola dello stupro” che un malintenzionato può aver sciolto nella sua bevanda per intontirla. Il fenomeno delle violenze sessuali, spesso avvenute nel corso di feste nelle fraternities (i club studenteschi) è spesso stato risolto in modo “quieto” fra l’università e le ragazze, ma il più delle volte le amministrazioni universitarie non hanno dato retta alle denunce, lasciando intuire di sospettare che si trattasse di accuse false o di casi in cui le regazze “se l’erano cercata”. Una serie di clamorose pubbliche ribellioni da parte di gruppi di giovani decise a non tacere più, organizzate anche in Università Ivy League, cioé le più prestigiose, hanno recentemente portato a galla questo fenomeno dell’”insabbiamento”. Spesso, si è scoperto, dietro l’insabbiamento c’era il fatto che non si voleva danneggiare uno studente perché era un atleta importante, una “star” che frutta soldi e incassi. Calcoli del Dipartimento di Giustizia dimostrano che il fenomeno è allarmante: uno studente su cinque sarà oggetto di “aggressione sessuale” durante i suoi anni all’università. Circa il 6 per cento di queste aggressioni avviene contro studenti di sesso maschile, ma la schiacciante maggioranza è rivolta contro le ragazze. Per sensibilizzare e ammonire l’intero Paese, lo scorso maggio il Dipartimento ha messo 55 università sotto inchiesta per il modo in cui le amministrazioni avevano reagito “davanti a denunce di violenze o molestie sessuali”. La Casa Bianca ha anche aperto un sito, dove chiunque abbia bisogno di aiuto può trovare numeri di telefono, indirizzi e informazioni. Nel sito ci sono anche gli interventi in video di alcune star, come Daniel Craig, Benicio Del Toro, Dulé Hill, Seth Meyers e Steve Carell: «La violenza può succedere alle nostre sorelle, alle nostre figlie» dice Steve Carell. «Se una ragazza non acconsente, se non può acconsentire, allora è stupro» ammonisce Benicio del Toro. «Se una ragazza è oggetto di violenza – aggiunge Craig – non darei mai la colpa a lei, la aiuterei, perché non voglio essere parte del problema, ma parte della soluzione». Il tentativo di portare alla luce il fenomeno delle violenze sessuali e di combatterlo, un po’ come è stato fatto e come si sta facendo nelle file dei militari, ha generato varie iniziative nei campus: corsi di sensibilizzazione, creazione di uffici destinati a affrontare e risolvere eventuali denunce, decaloghi di comportamento. La legge californiana sul consenso dichiarato è un passo senza precedenti. E’ difficile prevedere se contribuirà davvero a diminuire le violenze, ma il solo fatto che la legge sia passata senza che neanche un’università abbia protestato, sembra indicare una nuova consapevolezza, o almeno la volontà di cercare soluzioni più “forti”.
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