Anna Guaita
Quest'America
di Anna Guaita

La "Dichiarazione Universale dei Diritti Umani" compie 70 anni

Eleanor Roosevelt
di Anna Guaita
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Sabato 8 Dicembre 2018, 22:08

NEW YORK – La guerra era finita da soli tre anni. Il mondo era ancora devastato. Eppure le stesse nazioni che si erano dilaniate a vicenda, si sedettero a un tavolo, per disegnare le regole per un futuro migliore, più pacifico e più democratico. Da quell'impegno, il 10 dicembre del 1948 scaturì la “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”, che venne approvata dalla terza Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Era il primo passo di rilevanza mondiale dell’Onu, appena nata e ancora composta solo di una cinquantina di Stati. Era anche un passo di estremo coraggio, che molti credevano sarebbe stato impossibile da realizzare, mentre già la Guerra Fredda gettava il suo manto paralizzante sull’Europa. Un passo per il quale il mondo deve ringraziare soprattutto Eleanor Roosevelt, la vedova del presidente Franklin Delano, che era stata nominata a dirigere la Commissione.  

Stranamente, negli Stati Uniti pochi sanno che la signora Roosevelt, personaggio amato e rispettato, ha avuto questo ruolo storico che ha aiutato a migliorare le condizioni dell’umanità in molte parti del mondo.

La Dichiarazione, che potete leggere QUI, stabiliva per la prima volta nella storia che i diritti delle persone non sono un fatto interno dei singoli Stati – come aveva affermato Adolf Hitler - ma un diritto universale e inalienabile di ogni individuo. Il documento articolava con grande chiarezza morale quel che gli Stati non possono fare contro i propri cittadini, ad esempio tenerli schiavi, torturarli, farli oggetto di disciminazione, limitare il loro diritto di opinione, di parola,  di religione, limitarne la libertà nella scelta di chi sposare, limitarne la libertà di spostamento, di scegliere il proprio lavoro, o il proprio grado di istruzione. 

Il primo dei trenta articoli recita: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza».

All’epoca della sua stesura, oltre l’80 per cento della popolazione mondiale viveva in condizioni semifeudali. Oggi più della metà vive in società democratiche. Ma quel che è importante è che questo documento, che per vari anni rimase quasi ignorato, è invece nella seconda metà del secolo scorso diventato la pietra miliare su cui è stato costruito il diritto internazionale dei diritti umani, con la creazione di una serie di convenzioni scritte sotto l’egida dell’Onu. Dalla Convenzione per l’eliminazione delle discriminazioni contro le donne, alla convenzione sui diritti dell’infanzia, a quella contro la tortura, per giungere alla creazione del Tribunale dell’Aia per i crimini contro l’umanità, i passi verso un mondo più giusto si sono moltiplicati.

Questo non vuol dire che la Carta sia stata realizzata. C’è molto cammino da percorrere, e forse oggi stiamo anche scivolando indietro mentre in tanti Paesi torna a dominare un sentimento nazionalista poco aperto alla cooperazione internazionale.

Ma è bene ricordare che quando la Carta fu scritta, la situazione del mondo era molto peggiore di quella di oggi. E’ lecito dunque sperare non solo che le menti più aperte e umane continuino a combattere per la sua realizzazione, ma che la corrente che sta prendendo piede negli Usa e altrove, per un suo ammodernamento e aggiornamento, ottenga ascolto nel resto del mondo. 

C’è infatti chi pensa che la Carta debba essere rivista alla luce di nuovi sviluppi, imprevedibili 70 anni fa, come il cambiamento del mercato del lavoro per l’introduzione dell’intelligenza artificiale e dell’automazione. O la violazione della nostra privacy da parte di un internet con mostruose capacità di rastrellare i nostri dati vitali. O ancora i cambiamenti climatici stanno avendo drammatici effetti sulla qualità della vita di una buona parte dell’umanità.

Sono problemi giganteschi, com’erano giganteschi quelli che i nostri padri affrontarono alla fine della Seconda Guerra Mondiale. E sono problemi che solo tutti insieme potremo risolvere. Speriamo che fra 70 anni, i nostri discendenti potranno guardare indietro alle nostre azioni, e ringraziarci per aver anche noi saputo compiere passi coraggiosi.

                                                                                                                                                                                                   
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