Gianluca Cordella
Minority Re(S)port
di Gianluca Cordella

La favola di Jimmy Butler, la stella venuta dalla strada

La favola di Jimmy Butler, la stella venuta dalla strada
di Gianluca Cordella
4 Minuti di Lettura
Giovedì 10 Settembre 2020, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 4 Novembre, 02:09

Il dna americano è incline allo slogan, indiscutibilmente attrezzato quando si tratta di sfornare giochi di parole. E quello che più spesso piove dal cielo quando si parla di basket Nba è forse il più efficace: from zero to hero, da zero a eroe. Certo, nella Lega americana ce ne sono decine e decine di ragazzi che sono passati dalle stalle alle stelle (anche in Italia non siamo male poi...), ma nonostante il claim sia inflazionato non perde di efficacia. Mentre l’Italia dorme la notte tra martedì e ieri, da Oltreoceano arriva l’ennesima consacrazione di uno zero che diventa eroe. Jimmy Butler da Tomball, Texas, 31 anni fra qualche giorno, riporta i suoi Miami Heat sulle vette dell’Est a spicchi, a sei anni dall’ultima apparizione della mostruosa squadra dei Big Three James-Wade-Bosh, per quattro anni di fila campione di Conference e per due padrona della Nba. Lo fa, Jimmy, ricacciando fuori dalla bolla di Orlando i fortissimi Milwaukee Bucks, che avevano dominato la regular season, chiusa ampiamente davanti a tutti. Butler, mostruoso per tutta la serie, non è superlativo, ma comunque il migliore dei suoi con 17 punti sul tabellino. Ma mentre gli altri festeggiano l’impresa, lui, ai microfoni post match, dice: «Possiamo giocare meglio di così».

CARATTERE DA CAMPIONE
Che è un specie di manifesto di Butler, uno che se avesse sul dizionario un aggettivo alla petaloso, “Butleroso”, avrebbe per spiegazione: «dotato di grinta e capace di superare qualsiasi avversità». Perché Jimmy, prima di essere un eroe, si è ritrovato a fronteggiare chi vuole farti credere di essere uno zero nel modo più doloroso. Cacciato di casa da una mamma che vedeva in lui la proiezione dei suoi fallimenti al punto da essersi convinta che fosse un criminale. «La tua faccia non mi piace, vattene». Non c’è un padre a difenderlo perché il suo, fattore comune a molte storie Nba, è andato via di casa appena ricevuta la notizia dello stato interessante della sua compagna. E così Jimmy, a 13 anni, si ritrova completamente da solo per le strade di Tomball. L’unica cosa che lo accompagna è il suo pallone da basket, che non lo tradisce nemmeno quando fa la fila alle mense dei poveri per mangiare o quando cerca una branda nei centri di accoglienza per senzatetto. Quando gli va male male non ha neanche un tetto sulla testa e allora non gli resta che rimediare un cartone e andare a dormire sotto un ponte. Ma Jimmy, che ha un sogno sferico e arancione sempre tra le mani, con una maturità impressionante per un adolescente, capisce che per tirarsi fuori da quella situazione ha solo una strada: non mollare la scuola. Lo spaccio e i piccoli furti sono prospettive più a portata di mano, ma non fanno per lui.

L’UOMO DEL DESTINO
Per lui fa solo il playground, dove sfida i suoi coetanei. Tra loro, quando Jimmy ormai ha 17 anni, compare un certo Jordan Leslie, che con fare spaccone lo sfida al tiro da tre. Rimedia un’umiliazione clamorosa che però si trasforma in ammirazione per Jimmy. Lo invita a casa sua a cena. Dove la mamma, Michelle, resta stordita dalla sua storia. Così invita quel coetaneo di suo figlio anche per la notte successiva, e poi per quella dopo. E così sarà per mesi e mesi, in cui Butler entra a far parte quasi come un ottavo figlio di una famiglia in cui l’unico figlio “titolare” è Jordan. Gli altri sono arrivati da precedenti rapporti, tre per ogni genitore. Michelle sprona Jimmy negli studi e lui ripaga finendo l’High school con buoni voti, poi entra al Tyler Junior College, prima della chiamata, quella che gli cambia la vita, dalla prestigiosa università di Marquette. Il fax per accettare la borsa di studio lo spedisce da un McDonald’s. Con la squadra dell’università fa scintille e nel 2011 si dichiara eleggibile per la Nba. Nel primo giro non lo chiamo nessuno. Alla 30ª chiamata l’allora commissioner David Stern lo spedisce a Chicago. È l’inizio di un sogno che non decolla subito. Ai Bulls incanta ma non vince. Il progetto dei T’Wolves prima e dei 76ers, poi, è ambizioso, ma la personalità di Jimmy cozza con le stelle già in squadra. Nel 2019 lo chiama Miami: quadriennale da 140 milioni di dollari. Il progetto è ritagliato su di lui. E Miami adesso insegue l’anello Nba. Butler, invece, continua a inseguire quel pallone che non lo ha abbandonato mai.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA