Minority Re(S)port
di Gianluca Cordella

Finalmente si può tifare per LeBron

Finalmente si può tifare per LeBron
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Lunedì 21 Luglio 2014, 19:16 - Ultimo aggiornamento: 24 Maggio, 20:39
Lo ammetto e non faccio certo la parte del critico di nicchia: da quando è andato a Miami, ho sempre tifato contro LeBron James. Io, come tantissimi appassionati di Nba. Tutto troppo facile, tutto troppo costruito. Già sei il giocatore più forte in circolazione, probabilmente tra i cinque più grandi della storia. Sicuramente tra i dieci. Poi fai tutto il casino della show in tv, “The decision”. Certo, con il nobile scopo della beneficenza, nota qualcuno, o con il meno nobile scopo di detrarre l'imponente donazione dalle tasse, come notano quelli più attenti alle leggi americane. L'annuncio spocchioso: «Porterò il mio talento a South Beach». Con gli Heat che avevano già Wade e nel frattempo avevano annunciato Bosh: insomma hai scelto semplicemente di giocare con i più forti. E la conferenza ancora più spocchiosa: «Quanti anelli voglio vincere a Miami? Non due, non tre, non quattro, non cinque..». Quanto ho gioito per la finale persa contro Dallas. Io, come i tantissimi appassionati di cui sopra. Non si poteva tifare per lui. C'era tutta l'antipatia che accompagna i più forti in tutti gli sport a tutte le latitudini del mondo (sempre ovviamente quando i più forti non sono quelli per cui tifi tu da sempre). Per lo stesso motivo, ho vissuto male il primo anello degli Heat targati James e ancora peggio il secondo, contro una San Antonio commovente in tutta la serie e sciagurata negli ultimi secondi di gara-7. Inutile dire la vendetta di quest'anno, con Belinelli in più, quale reazioni abbia provocato nel salotto di casa mia e, più precisamente, sul divano collocato di fronte alla tv. Poi, dopo mesi e mesi di chiacchiericcio, è arrivata “LA” notizia. LeBron torna a Cleveland. Ed era davvero l'unica notizia che potesse dare libero sfogo alla mia ammirazione repressa per questo giocatore che domina la zona pitturata come un centro, tira come un'ala, passa la palla come un play e difende come una squadra intera. Diciamolo: Cleveland, prima e dopo James, non è esistita cestisticamente parlando. L'idea di tornare lì, dove tutto era cominciato, per provare a guidare i Cavaliers al titolo è bella e affascinante. Mettiamola così: LeBron aveva l'ansia di dover vincere a tutti i costi. Quindi il divorzio. Ora ci è riuscito e può giocare con la mente libera da quell'assillo. Troppo facile, forse. Però può starci. Le umane fragilità che sconquassano la mente anche di una montagna di muscoli e tatuaggi. A Cleveland, il prossimo anno, si scrive una storia nuova. Con James, Irving, forse Wiggins o forse Love e tutti gli altri che accorreranno alla corte del Prescelto. Io, per quel che conta, metterò da parte l'antipatia per LeBron. E finalmente potrò godermi il suo basket senza rosicare. Finalmente.
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