MilleRuote
di Giorgio Ursicino

La Ferrari domina in Australia, il Mondiale non è più un miraggio

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Lunedì 27 Marzo 2017, 11:25
Buona la prima. La Ferrari c’è. Con una corsa impeccabile la Rossa di Sebastian Vettel domina il Gran Premio d’Australia e torna alla vittoria dopo un anno e mezzo, interrompendo un digiuno lungo 27 gare. Per Maranello è il trionfo numero 225 in Formula 1, il modo migliore per dare il via ai brindisi per il 70° compleanno del Cavallino, festeggiamenti che dureranno più di sei mesi in tutti i continenti e che i ferraristi dell’intero pianeta sognano di concludere con il titolo mondiale.

Vittoria netta, indiscutibile, costruita metro dopo metro con l’impegno di tutti gli uomini della Scuderia. Un trionfo partito da lontano, da quando la SF70H è stata impostata, e costruito senza mollare mai, con tanto duro lavoro. La Rossa 2017 è bella e veloce, rapida in prova e consistente in gara, manda le nuove gomme Pirelli rapidamente in temperatura e le rispetta, sfruttandole al meglio, durante il Gran Premio. Che fosse nata bene si era capito durante i test invernali: tempi da primato e complimenti e rispetto da parte degli avversari, compreso il campione britannico sempre molto sensibile al fascino della vettura italiana.

L’unico che non aveva voluto ammettere che la Ferrari viaggiava in zona sorpasso era Toto Wolff, il timoniere della corazzata di Stoccarda che ieri ha picchiato il pugno due volte sul tavolo quando Lewis e i suoi tecnici sono andati in tilt anticipando la sosta ai box e consegnando il gradino più alto del podio a Sebastian. Eh sì, nonostante abbia dimostrato almeno a Melbourne di avere la monoposto migliore, la nazionale italiana difficilmente avrebbe vinto senza l’errore dei tedeschi perché Hamilton aveva conquistato la pole con un giro spaziale e l’aveva sfruttata al meglio imboccano in testa la prima curva.

E con queste nuove monoposto con cui si sorpassa meno e un solo pit stop per tutti (nonostante l’utilizzo delle tre mescole più tenere) sarebbe stata un’impresa scavalcare la Stella. Quando si è spento il semaforo i primi hanno mantenuto le posizioni; Bottas e Raikkonen si sono pian piano staccati, Lewis provava a spingere, ma non riusciva a togliersi dall’alettone il Cavallino di Seb che gli riempiva gli specchietti e dava l’impressione di poter andare ancora più forte. Il britannico si è innervosito (lo scorso anno capitava a Vettel...), non si è capito con il muretto e la Freccia numero 44 ha fatto la sosta anticipata troppo presto finendo nel traffico. Roba da principianti.

Certo Lewis aveva ragione sul fatto che le ultrasoft stavano degradando, ma non si lascia la testa, con il rivale più pericoloso alle spalle, avendo la certezza di finire negli scarichi di uno tosto come Verstappen. Chi ha preso quella decisione forse pensava che anche Seb e Max avrebbero pittato rapidamente; invece, anche se più lenti, hanno proseguito e la Stella ha perso la gara dietro la Red Bull, mentre Vettel agguantava la testa del gruppone dopo il suo cambio gomme. Ai piedi del podio il mondo si è diviso in due.

C’è chi sostiene che il futuro è rosso, la SF70H è una gran macchina e questa è solo la prima tappa di una cavalcata trionfale verso il Mondiale. C’è chi invece pensa che il trionfo australiano sia solo un episodio, la stagione è lunga e la Mercedes tornerà a dominare. La verità sta forse nel mezzo e tutti gli uomini della Scuderia, dal presidente Marchionne ai meccanici, frenano gli entusiasmi. Ci sono piste profondamente diverse (non come quest’anno, ma anche nel 2016 la Ferrari era andata forte in Australia) e, soprattutto, ci sono i tanti temuti “sviluppi” che quest’anno coinvolgono pure la power unit.

Maurizio Arrivabene, che di solito ha l’energia di un vulcano, frena meglio dei Brembo, modera i contenuti e anche la forma, fa i complimenti a Seb e, per smorzare eccessivi trionfalismi, trova il pelo nell’uovo lanciando una frecciatina a Raikkonen: «Una gara è perfetta se, oltre a vincere, porti due auto sul podio...». Kimi, in realtà, non ha graffiato nonostante abbia segnato il giro più veloce. Mai tenuto il passo di Seb, mai riuscito a fare pressione a Bottas e nel finale si è quasi dovuto difendere dal ritorno di Verstappen. Oltre al cambio dei regolamenti aleggia l’impressione che a frenare le Stelle ci sia stata la mancanza di Rosberg.

Il finlandese della Mercedes certo non ha deluso all’esordio con la Freccia, ma Nico era un ingranaggio fondamentale della perfetta macchina tedesca. E ieri la sua presenza poteva mandare le cose in una direzione diversa. Che Hamilton non sia stato la solita macchina da guerra, ma sia andato un po’ nel pallone lo conferma il passaggio sotto la bandiera a scacchi con il compagno di squadra in scia. Fra due settimane si corre in Cina, il Cavallino deve confermare l’approccio allora si potrà veramente sognare.
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