Giorgio Ursicino
MilleRuote
di Giorgio Ursicino

La crisi dall'auto europea: prodotte 1,2 milioni di vetture in meno, servono subito incentivi

Una fabbrica di auto
di Giorgio Ursicino
3 Minuti di Lettura
Martedì 21 Aprile 2020, 10:57 - Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 10:15
Arrivano i dati delle immatricolazioni europee nel mese di marzo (-52%) e, come era ampiamente annunciato, confermano che l’Italia è maglia nera fra i paesi UE, quelli Efta e il Regno Unito che, da quando è uscito dalla Comunità, va per conto suo. Il coronavirus ha dato un colpo pesante all’auto e riavviare questo strategico comparto potrebbe essere più complesso delle più negative previsioni. Il lockdown ha funzionato e la pandemia ha rallentato la propria corsa. Da qualche giorno in tutte le cancellerie europee non si parla che di ripartenza, ma è evidente che non è come accendere un interruttore che era stato spento.

La fase di avviamento sarà infatti progressiva e le attività sociali verranno riattivate man mano, sempre tenendo ben presenti le curve del nemico invisibile che, come dicono gli esperti, rimarrà a lungo in agguato, pronto a lanciare un nuovo subdolo assalto. Non è vero che “nulla sarà più come prima”, ma è pure certo che un paio di mesi trascorsi in isolamento hanno cambiato l’atteggiamento delle persone al di là dei danni economici che il blocco può aver causato. Quindi, rialzando le serrande degli showroom dei concessionari, non è affatto detto che ci siano le stesse condizioni e la stessa voglia di prima.

Perché ciò avvenga c’è l’irrinunciabile necessità di una scintilla, uno shock positivo al mercato che può arrivare solo da condizioni d’acquisto allettanti proposte dagli sforzi della filiera e, soprattutto, dagli incentivi statali. Il quadro della situazione è chiaro a tutti e le richieste pacate delle associazioni di settore sembra siano tutte condivise, oltre che dalla maggioranza, dalle forze d’opposizione. Difficile trovare un’altra cosa sulla quale siano tutti d’accordo, quindi è solo una questione di settimane e arriveranno i bonus senza i quali non servirà far ripartire tutte le fabbriche poiché buona parte dei veicoli resterebbe invenduta. Almeno in Italia.

Il mese scorso nei trenta paesi europei sono state vendute appena 853.077 vetture, 918.000 in meno rispetto al 1.771.030 di marzo 2019. Un calo mai visto del 52% che porta il cumulato a -26% (da 4.146.822 unità a 3.054.703). Il nostro paese, appunto, è fanalino di coda dei cinque maggiori mercati: Italia -85%, Francia 72%, Spagna -69%, Regno Unito -44%, Germania -38%. È evidente che su queste cifre ha avuto un forte impatto la data dell’aggressione del virus e la sua violenza ma c’è anche il sospetto che alcuni paesi abbiano più forza di reazione di altri. Si iniziano a fare le prime previsioni su come andrà a finire l’anno.

Andrea Cardinali, direttore generale dell’Unrae (i costruttori esteri, l’associazione italiana più importante e anche la più attiva) dice che la frenata del mercato europeo nel 2020 si attesterà al 30%, con -20% la Francia e -25% la Gran Bretagna. L’Italia oscilla fra il -32 e il -46%, percentuali da brividi che incidono in maniera rilevante sull’erario e sul Pil. L’automotive in Europa ogni anno genera un surplus commerciale di 85 miliardi e ne investe una sessantina in ricerca e sviluppo. Direttamente o indirettamente, dà lavoro a 14 milioni di persone (il 6% del totale), di cui 2,6 milioni addetti alla produzione. A fine marzo dai 229 stabilimenti sono già usciti oltre 1,2 milioni di veicoli in meno rispetto al 2019.
© RIPRODUZIONE RISERVATA