Giorgio Ursicino
MilleRuote
di Giorgio Ursicino

Ferrari, il primo 6 cilindri: una scultura viva, un'opera d'arte in movimento

La nuova Ferrari 296 GTB
di Giorgio Ursicino
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Martedì 13 Luglio 2021, 12:05 - Ultimo aggiornamento: 16 Luglio, 11:23

Una scultura in alluminio e acciaio. Plasmata dall’abilissima matita di Flavio Manzoni. Dove guardi guardi, la 296 è indubbiamente bella. Bellissima. E,con un blasone del genere, non poteva essere altrimenti. Se possibile ha un equilibrio fra i volumi ancora migliore delle sorellone V8, dovuto al passo leggermente più corto frutto del “cuore” più compatto. La più recente delle GTB si avvicina al percorso delle elettriche che hanno meno vincoli strutturali da rispettare dei capolavori tutti meccanici. Mancano due cilindri, mentre l’unità ad induzione è affogata fra il V6 il cambio gestito da una frizione a triplo disco. I legami con le esperienze del mondo della F1 sono molti più numerosi di quanto si possa pensare. La trasmissione ad 8 rapporti, il propulsore 6 cilindria V,i freni carboceramici di serie come su tutte le Ferrari e un’elettronica sofisticatissima.

Da questo punto di vista c’è un ulteriore passo in avanti nell’integrare tutti i controlli dinamici che fanno impennare le performance senza togliere nulla al piacere di guida. Poi c’è l’aerodinamica, vitale sulle monoposto. Alla ricerca del mix più perfetto fra penetrazione e carico. E il reparto design del Cavallino vive in questa dimensione, è all’avanguardia fra le vetture stradali. Un’innata passione nel far convivere funzione e forma perché chi ha detto che l’efficienza non stimoli la bellezza. I flussi esteriormente modellano forme seducenti, mentre sottopelle imboccano i percorsi più audaci per incollare la vettura al suolo e tenere alla giusta temperatura i sofisticati “organi”. Ma è inutile nasconderlo, nell’era delle zero emission, l’aspetto più affascinate è l’unità endotermica.

 

Un’opera d’arte fatta da centinaia di pezzi micrometrici che frullano ad una velocità spaziale generando un rombo sublime capace addirittura di ricordare da vicino quello dei V12 made in Maranello.

Per il canto del cigno del motore a scoppio (quasi tutti i costruttori hanno incanalato gli investimenti verso l’alimentazione senza emissioni), la prestigiosa azienda annuncia un debutto“stradale”.Il sei cilindri fa parte della leggenda corsaiola del Cavallino, quasi quanto il 12 cilindri e, addirittura, più dell’otto che pure ha portato a casa i suoi tronfi. Il V6 si è copertodi gloria sia in F2 che nei prototipi, ma ha lasciato il segno in F1. Era un V6 il cuore che nel 1958 permise a Mike Hawthorn di vincere il Mondiale. Come era un 6 a V di 120 gradi(guarda caso la stessa angolatura fra le bancate della 296 GTB) il propulsore che nel 1961 accompagnò al massimo titolo l’americano Phil Hill (Baghetti con la stessa auto vinse una gara all’esordio in F1).

Più recenti le imprese della 126 CK e delle sue evoluzioni che diede spettacolo (ricordate Villenueve?) all’inizio degli anni Ottantae l’attuale unità turbo-ibrida. Entrambe sfoggiano il gruppo turbo-compressore fra i cilindri come la 296 che allarga le teste abbassando il baricentro. Le due turbine IHI arrivano a 180 mila giri al minuto (qualcosa come tremila al secondo, eppure è meccanica...) e sono più compatte dei V8 per annullare del tutto il ritardo di risposta. Abbiamol a forte sensazione che la 296 sia solo il primo passo di una fase di transizione verso la elettrificazione totale. Basta aggiungere alla GTB delle unità elettriche di almeno 100 kW all’avantreno (si possono acquistare al supermarket e lo spazio c’è tutto...) e la belvetta potrebbe battere il record a Fiorano dell’ammiraglia SF90. Inoltre arriverà anche la full electric (4 motori, uno per ruota?) prima del 2025. Ma quella sarà un’altra era e potrebbe essere un’altrastoria.

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