Giorgio Ursicino
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di Giorgio Ursicino

Coronavirus, l'auto è azzerata, servono subito gli incentivi: bonus per le vetture in stock

Le auto in stock presso un concessionario
di Giorgio Ursicino
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Martedì 14 Aprile 2020, 00:50 - Ultimo aggiornamento: 18 Aprile, 11:30
Altre tre settimane di lockdown. Per alcuni settori si mette veramente male. A parte il turismo che, quando la gente è bloccata in casa, non può mostrare vitalità, fra i grandi comparti l'auto è veramente con le gomme sgonfie. Se è sconsigliatissimo e pure vietato mettere il naso fuori, difficile avere le necessità o il desiderio impellente di comprarsi una nuova vettura. Risultato: le cose da queste parti vanno peggio del previsto. A marzo c'è stato il disastro con un meno 85% di immatricolazioni, un crollo mai ricordato in passato da un mese all'altro.

Ad aprile ancora peggio: il termometro non dà segni di vita ed è atteso inevitabilmente uno zero in pagella. Per tutti. Passata Pasqua siamo quasi a metà mese e sono state targate meno di mille auto. Lo scorso anno, alla fine di aprile, furono la bellezza di 174.412. Facile desumere che in questo modo il business non sta in piedi. Come è avvenuto a livello di governo (sia nazionale che internazionale), quindi, man mano che si definiscono i contorni della voragine, servono risposte mirate. In un primo momento gli interventi dell'esecutivo italiano parlavano di qualche miliardo di euro; oggi si dibatte sulla base di centinaia di miliardi che il premier Conte ha definito «una potenza di fuoco mai messa in campo in tempo di pace».

A livello globale, la manovra aumenta in modo proporzionale. Com'è ormai evidente, il virus cattivo non si è accontentato certo di aver messo a soqquadro il Belpaese, ma ha invaso il pianeta tutto, senza guardare in faccia nessuno. In Europa, si dibatte su interventi vicini ai duemila miliardi; in America, il presidente Trump lavora su una cifra addirittura superiore, ovviamente in dollari.

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Negli Stati Uniti hanno la recente esperienza della crisi finanziaria del 2008 dalla quale sono usciti con interventi rapidi e straordinari sui quali si è basato un decennio di crescita di tutti gli indicatori economici. Una cura da cavallo sulla quale è bene riflettere. Per molti paesi fra i quali il nostro, l'automotive è strategico ma, mentre all'estero è stato coltivato e protetto, in Italia non sempre è stato così, spesso i vari esecutivi l'hanno lasciato senza pilota.

Il Coronavirus ci mette all'improvviso di fronte alla realtà e non può essere più così. A livello globale, l'industria dell'auto ha generato un fatturato di quasi due trilioni di euro lo scorso anno, garantendo un profitto di circa 100 miliardi (margine 5%). L'Italia è ancor di più legata a doppio filo al settore. Non tanto per il Pil che genera (più del 10% del totale) e il numero di famiglie alle quali (direttamente o indirettamente) dà lavoro, ma perché su di esso si basa il bilancio dello Stato: 80 miliardi l'anno di entrate per il fisco, quasi il 20% del totale.

Certo che il governo dovrà intervenire, della serie aiutare gli altri per salvare se stesso. I protagonisti del settore (costruttori, concessionari, noleggiatori e associazioni varie) si sono dimostrati sin troppo responsabili, rimboccandosi le maniche in tutti i modi per uscire dal pantano da soli e chiedendo interventi statali più che ragionevoli (un valore di 2-3 miliardi in 18-24 mesi) per bocca del presidente dell'Unrae Michele Crisci a nome, più o meno, di tutta la filiera. Interventi così leggeri che, a quanto pare, non avranno difficoltà ad essere accolti. Ma da allora il blocco totale è durato un altro mese ed è evidente che serve qualcosa di più vigoroso per non mettere in estrema difficoltà un settore trainante (solo i concessionari ufficiali sono 1.500 e danno lavoro a 120.000 persone).

Metà degli interventi richiesti sono cose che gli altri paesi europei hanno da sempre e che da noi non è così perché l'auto è stata considerata quasi sempre una mucca da mungere: una tassazione adeguata delle auto aziendali, con livelli di deducibilità e detraibilità civili. L'altra metà prevede il superammortamento per i veicoli da lavoro e un'estensione dell'ecobonus a vetture al di sotto di 95 g/km di CO2 (il limite individuato dalla UE per essere ecologici). Ora la cura, oggettivamente, sembra troppo leggera ed iniziano a circolare altre ipotesi per tentare di riavviare il motore in tempi accettabili. Una mossa potrebbe essere incentivare tutte le auto presenti in Italia (praticamente senza limiti) che, fra quelle nella disponibilità dei costruttori e quelle in mano ai dealer, sono circa 250 mila (il famoso stock per far girare la giostra quando le barca va).

A questa misura immediata di durata trimestrale potrebbe essere accompagnata un'altra sempre temporanea ma più diluita nel tempo (tutto il 2021): estendere l'ecobonus ad una fascia un po' più ampia (120-130 g/km di CO2) perché parecchie di queste vetture sono sicuramente molto ecologiche.
 
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