Giorgio Ursicino
MilleRuote
di Giorgio Ursicino

Auto, parco circolante italiano continua ad invecchiare, le emissioni medie delle auto nuove tornano a crescere

Ricarica di auto elettriche
di Giorgio Ursicino
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Mercoledì 12 Aprile 2023, 10:22 - Ultimo aggiornamento: 13 Aprile, 20:03

Il malato non è affatto immaginario. Ma qualche segnale di risveglio indubbiamente lo dà. Nel trimestre le immatricolazioni di autovetture in Italia sono aumentate del 26,2%, con un trend in vigorosa crescita visto che a marzo le consegne superano del 40,8% (+19% a gennaio, +17% a febbraio) quelle dello stesso periodo del 2022. Sembrerebbe l’uscita dalla palude, ma non è affatto così. Non è tutto oro quel che luccica. Lo scorso anno, infatti, a marzo le vendite erano state particolarmente basse, il 30% in meno rispetto al 2021. Inoltre, il bottino dei primi tre mesi (427.019 targhe nel 2023) è molto deficitario rispetto alle 540 mila dell’anno prima della pandemia (2019) ma anche, incredibilmente, alle 448 mila del 2020 in pieno lockdown.

Per questo, considerando pure la stagionalità, la cifra minima di due milioni di vetture nuove l’anno, ritenuta da tutti indispensabile per non far invecchiare ulteriormente il nostro parco circolante, resta ancora lontana. Proprio questo punto è la nota più dolente: le vetture in strada che invecchiano in modo significativo peggiorano la sicurezza, la salute dei cittadini e non sono certo una mano santa per l’ambiente. I numeri parlano chiaro. Negli ultimi tre lustri l’età media dei quasi 40 milioni di vetture a spasso nella Penisola, si è alzata con una costanza impressionante: dai 7,9 anni del 2009 ai 12,4 anni del 2022 (un quarto dei quali è ante Euro 4). Anche se le motivazioni sono altre, l’andazzo va di pari passo con le emissioni medie di CO2 delle auto nuove, aspetto che dovremmo cercare di migliorare per poi azzerarlo del tutto. Una visione che, pare, non trovi oppositori.

La media di 130 g/km all’inizio del 2021 era scesa a 113,9 alla fine dello stesso anno per poi risalire a 120,4 g/km nel periodo successivo. Uno scenario nel quale siamo i primi della classe in senso negativo, primato che richiederebbe qualche intervento immediato. Una spiegazione c’è. Anche perché, in questo caso, non ha influito il calo delle vendite: se nell’ultimo periodo ci fossero state consegne di maggior “qualità”, la media sarebbe dovuta scendere a prescindere dal calo dei contratti. Invece non è stato così ed il motivo è facilmente intuibile.

La bassa penetrazione della vetture BEV (elettriche a batteria, del tutto prive di emissioni) non è bastato a compensare (come avvenuto negli altri paesi) il drastico crollo del diesel (sotto al 20% nel trimestre).

Il vecchio motore a gasolio, condannato senza possibilità di appello perché emette “veleni” dallo scarico (l’inquinamento dell’atmosfera tout court causa miglia di morti l’anno secondo Bruxelles), è in realtà il più efficiente dal punto di vista della combustione, quindi quello che genera meno CO2, il climalterante messo nel mirino dall’intero pianeta per contenere l’aumento della temperatura globale. In questo panorama poco allegro pesa come un macigno la transizione energetica che, come visto, non ha ancora trovato il giusto feeling nel nostro paese. Alla base di tutto, forse, c’è l’errore fortemente voluto dall’Unione di vietare per legge la vendita delle auto endotermiche che sta generando una sorta di ansia paragonabile a quella dell’autonomia dei veicoli elettrici.

Il mercato e, soprattutto, l’industria sono globali e neanche la vecchia Europa può permettersi di andare per conto proprio. È superfluo, e dannoso, un intervento legislativo che riguarda gli aspetti economici e sociali della società (seppur sull’altare dell’ecologia) quando i due giganti globali si stanno muovendo con un approccio diverso. Per come vanno le cose la Cina e gli Usa sono in vantaggio sulla strada della mobilità pulita eppure, sembra, consentiranno la produzione e la vendita del motore a scoppio dopo il 2035 se qualcuno lo vorrà. L’abolizione dello stop evirerebbe di cercare soluzioni di nicchia a costi più elevati.

Se è vero, come giurano tutti i costruttori Musk in testa, che le auto ad elettroni, nel giro di pochi anni, costeranno molto meno e saranno migliori di quelle a carburante, il prepensionamento dei gioielli inventati da Otto e Diesel sarebbe spontaneo senza essere costretti per legge a mettere al bando una tecnologia che ha trasformato in un diritto universale la libertà di muoversi.

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