Giorgio Ursicino
MilleRuote
di Giorgio Ursicino

Auto e covid, la strategia più azzeccata è tenere gli showroom aperti: tanti vantaggi, nessun rischio

Lo showroom de un concessionario
di Giorgio Ursicino
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Mercoledì 18 Novembre 2020, 13:36 - Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 11:25

Forse, come avviene raramente, stiamo andando nella direzione giusta. Per carità, non tutti sono contenti. Di errori ce ne sono svariati e di disattenzioni pure. In una situazione così drammatica e ingarbugliata, è impossibile trovare una via d’uscita che accontenti ognuno. Però, con l’intuito tutto italico di improvvisare, stiamo provando a percorrere una strada originale per combattere la pandemia. Un percorso pieno di insidie che richiede il massimo dell’unità, della collaborazione e del buon senso. Un tracciato che altri paesi non hanno imboccato, preferendo soluzioni più drastiche e totalizzanti. Il virus, specialmente in Italia, ci ha messo di fronte ad una doppia sfida.

Da una parte dobbiamo affrontare il nemico invisibile per combatterlo e debellarlo. Una battaglia che potrebbe essere niente affatto breve. Dall’altra, cosa altrettanto importante, dobbiamo continuare a “vivere”. A lavorare, a produrre. A tenere in piedi la nostra economia perché, semplicemente incrociando le braccia, i danni potrebbero essere disastrosi. Per conciliare le due necessità serve flessibilità. Spingersi fin dove la scienza e il buon senso lo consentono per evitare di fermare la macchina e far scivolare il paese ancora più in basso. In una posizione dalla quale sarebbe immensamente difficile rialzarsi.

Dividere la Penisola in colori, ed affrontare le attività una ad una cercando la difficile ricetta di valutare rischi e benefici, potrebbe essere la soluzione. Uno scenario che può sempre cambiare con l’avanzare della pandemia. Fra le attività che è stato deciso di non fermare ci sono quelle legate alla mobilità, un bene ritenuto essenziale quasi quanto il cibo. È evidente che la civiltà moderna vive in movimento e, se un paese ha milioni di veicoli, non si può improvvisamente spegnere l’interruttore evitando il collasso. A parte i trasporti, che hanno tenuto in piedi la comunità nel lockdown totale di inizio primavera, questa volta non verranno fermate altre componenti della filiera come la vendita.

Se venissero chiuse le concessionarie si creerebbero grandi problemi. Non solo per le aziende in crisi, ma per tutta la società in difficoltà perché, senza spostarsi, non si riesce a vivere con lo schema che abbiamo adottato.

Per di più, la commercializzazione di veicoli non crea assembramenti, è svolta in spazi adeguati e molto controllati, quasi in “solitudine”. Con tutte le precauzioni del caso che la rendono quasi totalmente sicura. Il network di distribuzione automotive non genera solo un notevole fatturato garantendo numerosi posti di lavoro. È un comparto che, con pochissimi aiuti, è riuscito a fare quasi più 10% a settembre e chiudere in pareggio ottobre con il dilagare della seconda ondata.

È vero, business e occupazione coinvolgono anche altri tipi di attività. Ma, alcuni di questi settori che non sono indispensabili per andare avanti in un periodo così difficile e, per di più, creano situazioni favorevoli per il propagarsi del virus. In Italia circolano 50 milioni di autoveicoli, 40 milioni di vetture. Tralasciamo per un attimo la preoccupazione di avere il parco circolante più anziano d’Europa (con problemi di inquinamento e sicurezza). Per tenerlo un piedi, con una imbarazzante vita media ventennale, bisogna mettere in strada più di due milioni di veicoli l’anno. Nel 2020, se tutto andrà bene e gli showroom non chiuderanno, riusciremo a targarne poco più di un milione e mezzo. Con questi numeri il sistema non regge.

Non solo per motivi economici e di occupazione, ma perché bisogna dare ai cittadini il modo di soddisfare la loro legittima esigenza di “libertà individuale”. Non tutti lo gridano, ma ci sono persone che, pur avendo le risorse economiche, non sono più in grado di muoversi perché il loro veicolo ha esalato l’ultimo respiro o viaggia in condizioni di pericolosità. Anche con il covid, non ce lo possiamo permettere. Gli autoveicoli sono indispensabili per lavorare, le vetture necessarie per portare avanti la quotidianità di famiglia. Ancora di più in una fase in cui la raccomandazione unanime è stare isolati il più possibile. I mezzi pubblici, inoltre, erano già inadeguati prima della pandemia e ora sono costretti ad operare con un tasso di riempimento del 50%.

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