Giorgio Ursicino
MilleRuote
di Giorgio Ursicino

Auto benzina e diesel, stop nel 2035. Proteste del governo, ma i carburanti ecologici sono lontani

La sede del Parlamento Europeo a Strasburgo
di Giorgio Ursicino
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Mercoledì 15 Febbraio 2023, 18:21 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 09:17

L’unione Europea tira dritto, il Parlamento di Strasburgo ha definitivamente approvato il divieto di vendere autovetture e veicoli commerciali leggeri dopo il 2023. Una decisione attesa e scontata che in Italia ha fatto scatenare una raffica di polemiche. Il nostro paese e senza dubbio in ritardo sul passo della transizione energetica nel settore della mobilità. Con un mercato elettrico che quasi non risulta in confronto degli altri paesi europei, soprattutto Germania e Francia paragonabili dal punto di vista del parco circolante. È quindi scontato che il governo di Roma si preoccupi, il Belpaese potrebbe trovarsi in difficoltà alla data stabilità perché per noi troppo ravvicinata. Cercare di spostarla, però, non è facile perché, a parte il fatto che il divieto ha avuto tutti i via libera del caso, sull’altra parte della bilancia ci sono i problemi ambientali, per evitare le conseguenze dei quali sono tutti d’accordo.

Il primo ad alzare la voce è stato il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini: «Convocherò una riunione per portare a Bruxelles l’idea che ci vuole gradualità, regali alle industrie cinesi sulla pelle degli italiani non se ne fanno. Se fra 10 anni non hai i 50 mila euro che servono per comprare l’auto, cosa fai? Vai a lavorare coi pattini a rotelle? Mettere fuori legge le auto benzina e diesel e una fesseria nell’arco di cosi poco tempo. A Bruxelles non capiscono che e un momento di crisi economica per tanti?».

Posizione condivisibile anche se un po’ tardiva per cercare di fermare un iter complesso su cui l’UE sta lavorando da diversi anni. Sul tema è intervenuto anche il ministro dell’Ambiente e Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto: «Gli obiettivi ambientali non sono in discussione: benzina e diesel sono inquinanti per le nostre città e incidono negativamente sull’effetto serra.

Crediamo però che questa “exit strategy” debba condurre a medio termine a un comparto riconvertito più forte, con salde prospettive di sviluppo che tutelino professionalità e posti di lavoro. Il governo ha manifestato a più riprese le proprie perplessità sui tempi e i modi che ha stabilito l’Europa. L’automotive italiana esprime da sempre talento ed eccellenza, rappresenta il 20% del Pil ed è un comparto strategico che dà lavoro a 250.000 persone. Ora dobbiamo procedere su due direttrici: da un lato promuovere una maggiore gradualità nello stop alla commercializzazione dei veicoli, dall’altro spingere al massimo nella produzione dei biocarburanti, che rappresentano una filiera pulita che consentirebbe di mantenere l’attuale impostazione del sistema produttivo dell’automotive».

Facile a dirsi, ma meno a farsi visto che i biocarburanti per le esigenze di massa sono molto più lontani dell’auto elettrica. Sulla stessa lunghezza d’onda il ministro per delle Imprese e dal made in Italy Adolfo Urso: «Siamo convinti oggi più che mai che sia necessaria una seria riflessione in Europa per rendere compatibili gli obiettivi green del 2035, che tutti noi condividiamo, con la effettiva possibilità del nostro sistema industriale di convertire la produzione nelle tappe prefissate. La proposta di regolamento sulla riduzione delle emissioni CO2 per veicoli leggeri e furgoni era stata di fatto già decisa in ottobre. Quella sulle emissioni per veicoli pesanti è stata presentata oggi dalla Commissione e sarà nostro impegno tutelare nelle sedi competenti, a Bruxelles e con i partner europei, gli interessi della filiera automotive e quindi della occupazione nel nostro Paese». 

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