La storia dei Monumens Men, gli eroici soldati americani che riuscirono a salvare dalla furia nazista molti capolavori dell’arte mondiale, è stata celebrata da un libro di Robert M. Edsel e da un fortunato film di George Clooney, ed è stata declinata in molte varianti, tutte postive ed edificanti, del loro operato. In guerra però, si sa, non tutto va per il verso giusto. Così, emerge dalle colonne del New York Times una storia che si scosta decisamente dalla vulgata del “soldato coraggioso e meritevole”. Almeno, in parte.
Nel 1945 i responsabili del museo di Dessau nascosero molte opere d’arte in una miniera di sale, che furono poi ritrovate dalle truppe alleate che stavano invadendo la Germania. Gran parte dei quadri furono messi in salvo e restituiti ai legittimi proprietari, ma ci fu un’eccezione: tre opere furono vinte, durante una partita a poker tra commilitoni, dal maggiore William S. Oftebro, che all’epoca era posto al comando di un carro armato. Forse credendo di non commettere nulla di male (in guerra, talvolta, il confine tra lecito e illecito diventa molto labile), il maggiore prese possesso di queste opere e le spedì a casa sua, in America, dove sono rimaste per ben settant’anni. Ovvero, fino all'altro giorno, quando hanno compiuto finalmente il viaggio a ritroso, assieme ad altre due opere illecitamente in possesso di cittadini americani, nel corso di una cerimonia solenne di restituzione a Dallas, alla presenza dell’ambasciatore americano in Germania, Peter Wittig, e degli eredi di Oftebro.