Riccardo De Palo
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di Riccardo De Palo

Jussi Adler-Olsen: «Vi racconto i miei eroi, che lottano per il bene comune»

foto Politikens Vorlag
di Riccardo De Palo
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Venerdì 20 Marzo 2020, 17:15
Vittima numero 2117 è l'ultimo romanzo di Jussi Adler-Olsen (Marsilio), nuova stella del crime danese. La sua serie dedicata al detective Carl Mørck e alla Sezione Q della polizia di Copenhagen (quella dei casi dimenticati), ha venduto venti milioni di copie. Questa è la sua ottava indagine. 

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Mørck è un ispettore molto sui generis, non trova?
«Carl è un persona molto schietta, cosa che lo può rendere impopolare, ma allo stesso tempo è un detective brillante e rispettato; è piuttosto pigro, ma sempre pronto a togliere i piedi dal tavolo quando assiste a ingiustizie e si sente chiamato a intervenire. Non c'è posto per l'indolenza nella polizia e lui stesso non sopporta di vedere indagini condotte male o superficialmente. Ma Carl è anche un uomo a cui importa molto degli altri, non soltanto del suo team. Le critiche più spietate le riserva a se stesso».

Dopo Paziente 64 e Il messaggio nella bottiglia, stanno girando un nuovo film sul suo quinto romanzo dedicato a Mørck, L'effetto farfalla. Ci può anticipare qualcosa?
«Non ho curato io la sceneggiatura, ma sto seguendo la produzione da vicino, e conosco il cast. Sono stato poche settimane fa a Praga, sul set».

Il suo ultimo romanzo prende le mosse da una donna uccisa, che viene ritrovata in una spiaggia del Mediterraneo. Ma non si tratta dell'ennesima tragedia di profughi. L'assistente di Mørck, Assad, vede la sua foto e si sente trasalire. Cosa gli succede?
«La storia di Assad è la chiave del romanzo, e quindi non posso svelare molto. Ma di certo l'immagine della vittima scatena in lui una reazione che va dalla crisi di nervi alla speranza, dal riemergere di memorie terribili alla necessità di agire».

Chi è Assad?
«Nella Sezione Q hanno imparato a conoscerlo e - immagino - ad amarlo. I lettori hanno appreso molte cose su di lui, ma solo attraverso alcuni frammenti di una vita complicata, emersi di tanto in tanto. E spesso si tratta di elementi da prendere con il beneficio del dubbio, come si capirà leggendo il romanzo».

L'intreccio si divide in diverse parti, che poi si fondono. Un giornalista freelance di Barcellona, che vola a Cipro per seguire lo scoop della sua vita. Carl a Copenaghen, che indaga. E l'Iraq, dove molti hanno cercato armi di distruzione di massa, senza trovarne. La guerra ha aperto un vaso di Pandora che ci sta ancora perseguitando?
«Sì, e credo che il più grande errore sia stato intervenire senza un mandato dell'Onu. Questo continuerà ad avere conseguenze nella comunità internazionale, per molti anni a venire».

Il suo libro ha anche un altro tema molto forte, quello dei profughi in fuga dalla guerra.
«Si tratta di un problema terribilmente complicato. Ciò che mi ha ispirato è un tabellone in una spiaggia di Barcellona, con il numero delle vittime nel Mediterraneo, costantemente aggiornato. Una volta, durante la mia corsa mattutina, mi sono fermato a riflettere. Le vittime non sono soltanto dei numeri, ma persone normali, dotate di paure, speranze, sogni».

Che cosa è il Male?
«Ho sempre un punto di vista positivo, credo che valga sempre la pena di combattere per il bene comune. Per me, il Male è l'abuso di potere; e credo veramente che sia possibile reagire, sottrarsi al dominio altrui. È un meccanismo che sviluppo in tutti i miei romanzi». 

Continuerà a scrivere del suo iconico detective?
«Ho promesso dieci capitoli, e siamo arrivati all'ottavo. Quindi, sì, altri due sono in arrivo».

Come vive? Ci racconti qualcosa di sé.
«Vivo vicino al centro di Copenaghen e amo girare per la città. Mi piace il cinema, il teatro e vado spesso allo zoo, che si trova vicino a casa mia. Il tempo libero lo passo con la mia famiglia, soprattutto mia moglie, che però adesso ha una forte concorrente: la mia nipotina di sei mesi. L'adoro, starei sempre con lei».

Pensa mai di darsi al romanzo classico?
«I thriller mi danno molta libertà di scrivere ciò che mi piace - quindi penso proprio che continuerò ad attenermi a questo genere letterario».
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