La musica del vigàtese, del Montalbano in love - sì perché la sbandata che si prende il nostro commissario questa volta è epica - fa da contrappunto ora a La gazza ladra ora a una poesia di Wisawa Szymborska: «Ascolta come mi batte forte il tuo cuore».
Il romanzo si apre con un morto; anzi due. Il primo lo trova Mimì Augello, durante una rocambolesca fuga da un'amante che si trova scoperta dal marito, e che ha il vezzo (sebbene si chiami Genoveffa) di presentarsi come Geneviève. Il secondo cadavere è quello che apre il caso più teatrale (e pirandelliano) dell'opera di Camilleri. Appartiene a tale cinquantino Carmelo Catalanotti, presumibilmente ucciso da una coltellata al cuore, uomo facoltoso e che per diletto s'era improvvisato regista di palcoscenico. Sul luogo del delitto irrompe una nuova detective della scientifica, Antonia; sarà anche per merito del suo acume se Montalbano troverà una soluzione. «Forsi - ragiona il narratore - abbisognava accomenzari dall'imperativo categorico: cherchez la femme».
Camilleri, ormai costretto dalla cecità a dettare il testo alla sua assistente Valentina Alferj (unica capace di decrittare la sua lingua), appare sempre più come l'indovino Tiresia della mitologia greca (personaggio che lo scrittore ha interpretato al Festival di Siracusa). Incapace di vedere come Borges (che a sua volta dettava a María Kodama), Camilleri sembra acuire le sue capacità, pare vedere oltre. Allo stesso modo del profeta reso cieco da Atena. E dona al suo Montalbano quella «immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi» così cara al poeta veggente per antonomasia, Rimbaud.
La chiave del giallo - appare presto evidente - risiede nel dramma che Catalanotti avrebbe dovuto mettere in scena; ma è il metodo del regista, appunto, a incuriosire oltremodo il commissario. Una tecnica simile a quella di Grotowski, inventore del teatro povero, convinto che l'attore non deve, semplicemente, illustrare il testo ma compiere un «atto dell'anima». I provini diventano presto veri e propri riti d'iniziazione. Dove realtà e finzione si mescolano e si scambiano tra loro. «Vuoi vidiri che era vero che l'assassino torna sempre sul loco del delitto?»
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