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di Luca Cifoni

La scuola in bilico tra immobilismo e paura del malcostume

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Mercoledì 29 Aprile 2015, 11:06
Il disegno di legge sulla "Buona scuola" non ha avuto una buona accoglienza da parte di coloro che nella scuola lavorano, e in particolare non è piaciuto agli insegnanti. C'è stato un primo sciopero la settimana scorsa mentre per il 5 maggio ne è stato indetto uno unitario da parte dei sindacati confederali e delle altre principali sigle. Il fatto potrebbe apparire sorprendente visto che uno dei punti principali del provvedimento è l'assunzione di circa centomila nuovi docenti, per lo più precari. Le critiche toccano vari aspetti, ma si concentrano essenzialmente su due: la mancata inclusione di una quota consistente di precari "storici" nel piano di assunzioni, e i nuovi poteri attribuiti ai presidi, che oggi si chiamano dirigenti scolastici. Sul primo punto il governo si sarebbe impegnato a correre almeno in parte ai ripari. E qualche aggiustamento potrebbe esserci anche sul secondo, che è a quanto pare il più sentito da coloro che già oggi lavorano nella scuola. Tra le nuove facoltà attribuite al preside, quella che risulta più indigesta riguarda la possibilità di nominare - con alcuni vincoli - i docenti. Qualunque genitore che abbia avuto la sfortuna di veder sfilare davanti ai propri figli anche cinque o sei professori in un anno per la stessa materia, o che si sia imbattuto in un insegnante impreparato o inadatto, sa bene che oggi il poteri del dirigente su questo aspetto sono praticamente nulli. E con tutta probabilità desidera che qualcosa sia rivisto. Quali sono allora le obiezioni al cambiamento proposto? Alcune appaiono di natura ideologica: nel rafforzamento del ruolo dirigenziale si vede comunque lo spettro dell'autoritarismo,a prescindere dal merito. Altre hanno a che fare con i risentimenti personali tra colleghi (i presidi sono ex professori). La più seria, paradossalmente, è forse quella che ricorda come nel nostro Paese l'eventualità che del potere di nomina sia fatto un uso clientelare o familistico si presenti tutt'altro che remota. Certo i genitori di cui sopra potrebbero ben chiedere conto a un preside che abbia messo in cattedra sua cugina, soprattutto se insegna male; ma i rischi di degenarazione esistono, soprattutto in alcune aree del Paese. Bastano questi rischi a far venir meno le ragioni di una riforma? Probabilmente no; è triste però che la scuola italiana si debba trovare in bilico tra immobilismo inefficiente (con annesse rendite di posizione) e paura del malcostume.
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