Il fatto è che già oggi esistono diversi strumenti che con modalità diverse dovrebbero sostenere la famiglia. Ci sono le detrazioni Irpef per i familiari a carico (ed in particolare per i figli), c'è l'assegno per il nucleo familiare per i lavoratori dipendenti (Anf), con varianti minori per altre categorie, e c'è infine per la famiglie a basso reddito l'assegno del Comune che scatta nel caso i figli siano tre. Queste forme di aiuto vengono verificate con metodi diversi: reddito Irpef personale nel primo caso, reddito familiare allargato nel secondo, Isee nel terzo. Il nuovo assegno dovrebbe usare un criterio simile a quello dell'Anf.
Da anni si discute come unificare e coordinare i vari strumenti, per arrivare a un sostegno di tipo universale. Ora invece ne spunta uno ulteriore. I futuri neogenitori dovranno quindi presentare tre diverse comunicazioni o domande: al datore di lavoro per l'Irpef e - distinta - per l'Anf, all'Inps per il nuovo assegno; più quella al Comune se ci sono i requisiti di reddito con tre figli. Lo stesso istituto di previdenza dovrà attrezzarsi per effettuare ogni anno alcuni milioni di pagamenti in più, con i relativi costi, oltre a vigilare sull'utilizzo dell'assegno (a proposito: a chi spetta esattamente? Cosa succede se i genitori si separano? La legge non lo dice).
Alcune di queste criticità potranno essere affrontate con criteri di attuazione ispirati al buon senso. Resta però un dubbio: perché non è stata presa in considerazione l'idea di riversare le stesse risorse finanziarie in un canale di intervento già esistente, eventualmente riformandolo, invece di ripartire ancora una volta da zero?
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