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di Luca Cifoni

L'anno in cui abbiamo iniziato a fare meno figli e più debito pubblico

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Venerdì 22 Febbraio 2019, 23:18 - Ultimo aggiornamento: 23:29
Solo una concidenza, per carità: qualche anno di differenza non cambierebbe la sostanza delle cose. Però può fare impressione notare che hanno iniziato a manifestarsi contemporaneamente, oltre mezzo secolo fa, due tendenze che influiscono pesantemente sulle nostre scelte attuali e che condizioneranno anche quelle future: la denatalità e l'aumento del debito pubblico. Più precisamente nel 1964 fu raggiunto in Italia il picco storico delle nascite, poco sopra la cifra di un milione tondo; proprio nello stesso anno il rapporto tra debito pubblico e Pil scendeva al 27,7 per cento. Va ricordato che il valore assoluto del debito era in realtà in leggero aumento avendo toccato l'equivalente di 5,5 miliardi contro i 4 del 1960: ma l'impetuosa crescita dell'economia in quegli anni faceva sì che l'incidenza sul Pil risultasse comunque in discesa.

In entrambi i casi l'inversione di tendenza scattò a partire dall'anno successivo, in modo appena percettibile: e in effetti all'epoca non ci fece caso praticamente nessuno. Gradualmente però gli andamenti si accentuarono, in particolare a partire dalla fine degli anni Settanta; nel 1994 il rapporto debito/Pil toccò il picco del 121,8 per cento, mentre l'anno successivo il numero dei bambini nati scese al minimo di 526 mila. Poi lo sforzo di risanamento dei conti e le privatizzazioni iniziarono a ridurre l'incidenza del debito, mentre la natalità ebbe una certa ripresa grazie al contributo delle madri straniere e al recupero di fertilità nelle età più mature. Infine dal 2008-2009 c'è stato il nuovo ribaltamento su entrambi i fronti, che ha portato il debito all'attuale livello del 131 per cento del Pil e le nascite al di sotto della soglia delle 450 mila l'anno.

A questo punto ci si potrebbere chiedere quali sono gli eventuali nessi tra questi due dati statistici, ma la risposta naturalmente è un po' complicata. Solo un paio di spunti. Si tratta in entrambi i casi di fenomeni che si consolidano e prendono forma nel corso degli anni e dei decenni e sui quali è arduo (se non illusorio) intervenire in una prospettiva temporale limitata: servono costanza e visione del futuro. E se da una parte il crollo delle nascite grava sul bilancio dello Stato degli anni a venire, mettendo a rischio entrate fiscali e contributive necessarie per finanziare lo Stato sociale, dall'altra nel presente scontiamo le conseguenze del debito passato, visto che scarseggiano le risorse da destinare a politiche per la natalità.
 
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