In entrambi i casi l'inversione di tendenza scattò a partire dall'anno successivo, in modo appena percettibile: e in effetti all'epoca non ci fece caso praticamente nessuno. Gradualmente però gli andamenti si accentuarono, in particolare a partire dalla fine degli anni Settanta; nel 1994 il rapporto debito/Pil toccò il picco del 121,8 per cento, mentre l'anno successivo il numero dei bambini nati scese al minimo di 526 mila. Poi lo sforzo di risanamento dei conti e le privatizzazioni iniziarono a ridurre l'incidenza del debito, mentre la natalità ebbe una certa ripresa grazie al contributo delle madri straniere e al recupero di fertilità nelle età più mature. Infine dal 2008-2009 c'è stato il nuovo ribaltamento su entrambi i fronti, che ha portato il debito all'attuale livello del 131 per cento del Pil e le nascite al di sotto della soglia delle 450 mila l'anno.
A questo punto ci si potrebbere chiedere quali sono gli eventuali nessi tra questi due dati statistici, ma la risposta naturalmente è un po' complicata. Solo un paio di spunti. Si tratta in entrambi i casi di fenomeni che si consolidano e prendono forma nel corso degli anni e dei decenni e sui quali è arduo (se non illusorio) intervenire in una prospettiva temporale limitata: servono costanza e visione del futuro. E se da una parte il crollo delle nascite grava sul bilancio dello Stato degli anni a venire, mettendo a rischio entrate fiscali e contributive necessarie per finanziare lo Stato sociale, dall'altra nel presente scontiamo le conseguenze del debito passato, visto che scarseggiano le risorse da destinare a politiche per la natalità.
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