Sanità, pazienti in fuga dai Castelli: uno su tre sceglie tra Roma, Firenze ed Emilia

Una delle strutture sanitarie dei Castelli
di Luigi Jovino
3 Minuti di Lettura
Giovedì 9 Gennaio 2020, 13:14
E' allarme per i dati sulla migrazione sanitaria. Molti abitanti del territorio dei Castelli Romani, sebbene l’offerta ospedaliera sia ricca, diffusa e qualificata, preferiscono farsi curare fuori distretto dell’Asl di competenza. Dai dati ufficiali , concessi dalle strutture sanitarie pubbliche, risulta che, nel 2017 e nei primi mesi del 2018, in tutte le branche specialistiche sul totale dei ricoveri solo il 53,02 percento delle prestazioni è stato effettuato dall’Asl Rm6. La percentuale delle persone curate nel territorio di residenza scende addirittura al 33,5 percento per quanto attiene alle specializzazioni chirurgiche. Nelle specialità mediche, invece, circa il 45 percento delle persone ha scelto strutture fuori distretto. Infine, le prestazioni in Day Hospital e in Day Hospital chirurgico sono state eseguite rispettivamente per il 21,8 percento e per il 33,5 percento dei casi nell’Asl Rm6. I costi stimati della mobilità passiva solo per l’anno 2017 superano di poco i 200 milioni di euro. Una cifra consistente che sia le associazioni degli utenti, sia i dirigenti dell'Asl sperano di ridurre in tempi brevi.

Una buona parte dei cittadini castellani che scelgono di curarsi in altri distretti regionali generalmente si reca negli ospedali romani dove si offrono prestazioni di alta complessità. Invece nella classifica della migrazione sanitaria verso altre regioni le cure e le prestazioni sanitarie vengono effettuate in ordine decrescente in: Toscana, Abruzzo, Emilia Romagna, Lombardia e Campania. La Toscana viene preferita per prestazioni chirurgiche e per la cura e la riabilitazione di patologie ortopediche e cardiache; l'Abruzzo per la neurologia, l'Emilia Romagna e la Lombardia vengono scelte dai pazienti oncologici e la Campania per altre prestazioni specialistiche.

«Dall'esame dei dati della migrazione sanitaria - afferma Albero Romagnoli, responsabile aziendale Ugl medici Asl Rm6 - risultano anche casi paradossali.
Infatti, capita che alcuni medici radiologi, residenti ad Albano Laziale si debbano recare nelle strutture sanitarie di Arezzo per visitare e per curare pazienti provenienti dai Castelli Romani. Insomma un grande dispendio di risorse e di energia, che crea un enorme disagio ai cittadini
».
Per questi motivi l'Ugl medici ha elaborato un progetto che considera l'ipotesi di riaprire l'ospedale di Genzano, chiuso solo un anno fa .
«La riapertura - riprende Romagnoli - dell'Ospedale di Genzano, la cui ristrutturazione è costata più di 2 milioni di euro, appare alla luce dei fatti un' ipotesi doverosa. In questa struttura ci sono due nuove sale operatorie ancora imballate. Senza costi aggiunti, quindi, recuperando le spese sanitarie dei residenti eseguite in altre regioni, potremmo reinternalizzare trattamenti chirurgici svolti in Day Hospital». Secondo i sindacalisti dell'Ugl la riapertura del ex nosocomio di Genzano eviterebbe di spostare ricchezza fuori regione e si darebbero prestazioni sanitarie proprio dove la gente vive e lavora. Una proposta simile è stata anche avanzata dal Comitato promotore per la riapertura dell'Ospedale di Marino che adesso funziona come Day Hospital. «La migrazione sanitaria - afferma Narciso Mostarda, direttore generale Asl Rm6 - è un falso problema ed è diffusissima in ogni regione italiana. Infatti, la Sanità pubblica è organizzata per comparti di eccellenza, distribuiti scientificamente in ogni contesto regionale». Secondo il direttore generale dell'Asl Rm6 le persone possono curarsi nella struttura sanitaria che ritengono sia più utile e conveniente. L'importante che lo facciano per libera scelta e non costretti da cause di forza maggiore. Resta sempre da considerare però il problema delle liste di attesa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA