Non accennano a placarsi le polemiche innescate dall'incomprensibile uccisione del tricheco Freya in Norvegia. Il gigante buono, come era stato ribattezzato l'esemplare, era infatti divenuto una sorta di mascotte del porticciolo che frequentava. Nonostante qualche inevitabile danno provocato dalla mole ai piccoli natanti dove amava salire per prendere il sole, continuava ad essere seguito da una scuola di fan e turisti alla ricerca dello scatto perfetto. Una notorietà della quale avrebbe fatto volentieri a meno e che, purtroppo, le sarebbe costata addirittura la vita. Freya, infatti, oltre ad essere un grosso tricheco, era anche una tenerona.
Nonostante tutto e tutti, non si era mai sognata di spaventare o attaccare nessuno.
A decidere di porre fine alla vita della povera Freya, era stato il Dipartimento della pesca che aveva ritenuto la sua ingombrante presenza un possibile pericolo. Pericolo? «Quale crimine aveva commesso?» Se lo continuano a chiedere milioni di persone che, come Paul Watson, sono rimaste inorridite. «Non riesco a capire quale mente possa razionalmente decidere di uccidere una creatura così adorabile» ha sottolineato il leader di Sea Shepherd. Freya, infatti, non rappresentava una minaccia per nessuno. «Era soltanto un essere bellissimo che aveva cercato di sopravvivere in un mondo dominato dagli umani». Quegli stessi uomini che alla fine, dopo le foto di rito, non sono stati capaci di accettarla.