Aragoste sono sensibili, i veterinari agli chef: «Anestesia prima del tuffo in pentola»

Aragoste, i veterinari agli chef: «Anestesia prima del tuffo in pentola»
di Cristina Marconi
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Martedì 1 Settembre 2020, 08:40 - Ultimo aggiornamento: 25 Settembre, 15:29

LONDRA «Non posso buttare una cosa viva nell'acqua bollente!» gridava ridendo Diane Keaton in una delle scene più divertenti di Io e Annie, davanti a un Woody Allen terrorizzato che suggeriva di chiamare la polizia, per l'esattezza la squadra aragoste', per affrontare tutti quei crostacei a piede libero sul pavimento della cucina. «È giusto bollire una creatura viva e senziente solo per il piacere delle nostre papille gustative?», si chiedeva lo scrittore David Foster Wallace in un articolo descrivendo con orrore e compassione il rumore delle chele dell'animale disperato contro il coperchio del pentolone e ipotizzando che le generazioni future guarderanno alle nostre pratiche come noi facciamo con gli spettacoli di Nerone. La risposta alla domanda di Foster Wallace è chiaramente un no secondo i veterinari britannici, che hanno rivolto il loro appello agli chef e ai cuochi affinché adottino un sistema meno «barbarico» per cucinare aragoste, granchi, gamberi e altri crostacei e per non farli soffrire.

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GLI STUDI
È scientificamente dimostrato: i decapodi è il loro nome ufficiale - soffrono, come emerge da vari esperimenti tra cui quelli del professor John Elwood dell'Università di Belfast pubblicati sul Journal of Experimental Biology. Ma una soluzione per mangiarne le deliziose carni con meno rimorsi ci sarebbe. L'Associazione dei veterinari britannici suggerisce di approfondire la ricerca sui nuovi metodi sicuri e «umani» per stordire questi animali con una piccola scarica elettrica, quasi impercettibile, prima di ucciderli. Non solo: chiede che queste misure siano ufficialmente adottate nelle normative sul benessere animale, dove i metodi di abbattimento più disumani sono già stati vietati da tempo per altri animali. Un passo ufficiale a lungo chiesto dagli animalisti, che da anni fanno campagna per tutelare aragoste&co.
 



IN SVIZZERA
Il Regno Unito non sarebbe il primo paese a muoversi in questa direzione. Sulla scia di una sentenza del 2017 della Cassazione che ha confermato la condanna a un ristoratore fiorentino per aver tenuto delle aragoste sul ghiaccio con le chele legate, già nel 2018 la Svizzera ha vietato la pratica di buttare i crostacei nei pentoloni di acqua bollente, ma anche di trasportarli sul ghiaccio o nell'acqua ghiacciata, chiedendo di lasciarli nel loro elemento naturale, ossia l'acqua di mare, e di stordirli prima della cottura con delle apparecchiature che già esistono sul mercato. Una di queste, la più diffusa, si chiama Crustastun ed è stata messa a punto, in collaborazione con l'Università di Bristol, da un amante delle aragoste, mangiate fino a quel momento surgelate o al ristorante, che ha visto la sua passione vacillare dopo averne vista una cuocere da viva.

Il macchinario, che costa circa 2500 euro, è stato adottato con entusiasmo da vari chef nel Regno Unito, dall'italiano Giorgio Locatelli al francese Raymond Blanc, per ragioni morali, e a loro avviso ha anche un vistoso vantaggio culinario: il procedimento è brevissimo, i tempi di conservazione dopo l'uccisione sono più lunghi e astici e granchi sono più morbidi perché la loro polpa non si irrigidisce. I crostacei sono infatti tra i pochissimi animali per i quali è prevista la cottura da vivi e questa tradizione si basa sull'idea che aragoste e astici non soffrano e che non abbiano quindi bisogno delle premure che ci viene spontaneo dare ad altri animali come i mammiferi o i volatili anche per renderne ancora più eccellente la carne. L'industria alimentare spesso li smembra addirittura da vivi, altra pratica che la Svizzera ha messo al bando. Non avendo un sistema nervoso decentralizzato, a differenza dei pesci non basta un solo colpo alla testa per ucciderli, anche se molti chef preferiscono un taglio centrale prima di cucinarli. Esistono sul mercato anche dei liquidi anestetizzanti che sembrano funzionare. Ma al di là della loro incapacità di manifestarlo, i crostacei provano effettivamente dolore, come dimostra il fatto che scappano da una comoda tana se ricevono delle scariche elettriche forti.
 

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