Questo nuovo trend emerge da “Birra dell’Anno”, il concorso birrario promosso dall’associazione di categoria Unionbirrai, che il prossimo 16 febbraio a Rimini incoronerà il miglior birrificio d’Italia. Il premio, giunto alla sua 14esima edizione, offre anche uno spaccato sulle ultime creazioni dei mastri birrai nostrani. Se all’estero domina l’esagerazione a tutti i costi – dalle birre con marshmallows a quelle fluorescenti o glitterate - le 1994 birre presentate al concorso da 327 produttori confermano che in Italia resta il primato delle American Pale Ale (Apa) e India Pale Ale (IPA) in tutte le loro declinazioni. Che siano d’ispirazione anglosassone o americana, leggere come le Session o dalla gradazione alcolica importante e con l’aggiunta di aromi intensi come le Imperial Ipa, chiare e fruttate come le White Ipa, o scure con sentori di caffè e pane tostato come le Black Ipa, le birre luppolate sono ancora la passione di produttori e consumatori. Restano protagoniste, inoltre, le birre con ingredienti a km 0 - cereali, miele, castagne e tanta frutta del territorio di appartenenza dei birrifici – e quelle “invecchiate” nelle botti in legno (Barley Wine). Spazio anche al primo stile autoctono italiano, le Iga (Italian Grape Ale), che prevedono l’aggiunta di vino, mosto o uva nel processo di lavorazione. Suddivise in red e white Grape Ale, a seconda dell’uva utilizzata, sono ormai un must del nostro panorama birrario sempre più apprezzato (e imitato) anche all’estero.
Secondo Unionbirrai il 2019 vedrà anche un ritorno alle basse fermentazioni, con una crescente attenzione per le lager, dalle Pils alle Bock. Ancora in fase embrionale, ma già capaci di riscuotere interesse, sono le birre con cannabis, una sperimentazione nata in California e cresciuta anche in Sudamerica, che sfrutta la comunanza degli aromi della canapa (in Italia si utilizza quella con livello di Thc consentito dalla legge) mixata ad alcune varietà di luppolo per moltiplicarne l’aroma “dank”. La tendenza “pastry”, che si è affermata oltreoceano e ha fatto capolino nei Paesi scandinavi, in Italia è invece ancora limitata a una nicchia di appassionati: si tratta di birre più dolci, lavorate aggiungendo vaniglia, caffè, cacao o caramello.
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