Nell'aula delle udienze preliminari del tribunale di Teramo si è discusso ieri di un maltrattamento in famiglia con lesioni personali ai danni della moglie e percosse sulla figlia 17enne. Ad essere rinviato a giudizio un marocchino 60enne (difeso dall'avvocato Eugenio Galassi), sottoposto alla misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare con il divieto di avvicinamento dallo scorso ottobre, sposato con una sua connazionale 46enne.
Un matrimonio, il loro, segnato dal consumo smodato di alcolici dell'uomo che, così come ha denunciato la moglie, sarebbe stata aggredita anche verbalmente e minacciata per futili motivi con una frequenza quasi quotidiana, con frasi del tipo: «Mando i nostri figli in casa famiglia e ti lascio da sola. Tuo padre è un pezzo di m». Parole pronunciate pure davanti ai loro due figli minorenni. Ma non solo. Dalla sua denuncia, infatti, è emerso che il marito voleva riportarla in Marocco, lontano da Teramo, la città dove ormai vivono da anni, con la minaccia che se non l'avesse seguito, l'avrebbe uccisa tagliandole la testa. Qui è riuscito comunque ad imporle, fino al momento dell'allontanamento, di non uscire da sola di casa, le ha impedito di parlare con altre persone, le ha imposto di non trovarsi un lavoro e al suo precedente datore gli ha detto di licenziarla, disinteressandosi delle esigenze della famiglia.
Un marito e padre padrone che oltre alle parole è arrivato pure alle mani.