Psichiatra suicida in cella dopo l'arresto, la direttrice del carcere rischia il processo

Psichiatra suicida in cella dopo l'arresto, la direttrice del carcere rischia il processo
di Alfredo d'Alessandro
3 Minuti di Lettura
Giovedì 9 Marzo 2023, 08:18

Per il suicidio nel carcere di Vasto dello psichiatrica Sabatino Trotta, avvenuto il 7 aprile del 2021 poco dopo l'arresto nell'ambito di un'inchiesta della Procura di Pescara, rischiano di finire sotto processo Giuseppina Ruggero, direttore della struttura e coordinatore dello staff multidisciplinare di accoglienza e sostegno, e Antonio Caiazza, assistente capo coordinatore della Polizia penitenziaria e addetto alla sorveglianza dei detenuti. Nella richiesta di rinvio a giudizio il procuratore capo di Vasto, Giampiero Di Florio, contesta ad entrambi l'omicidio colposo e la violazione di norme sulla prevenzione di suicidi oltre che di sorveglianza dei detenuti nella sezione in cui si trovava Trotta, il quale si impiccò con il laccio dei pantaloni della tuta legandolo al gancio di apertura della finestra.

Per colpa generica consistita in negligenza, imprudenza e imperizia ma anche la colpa specifica consistita nella violazione delle norme che disciplinano l'accoglienza e il sostegno dei detenuti negli istituti penitenziari nel caso della Ruggero e, per quel che concerne Caiazza, nella violazione delle norme che disciplinano le mansioni degli addetti alla sorveglianza dei detenuti e l'accoglienza e sostegno ai detenuti nuovi giunti negli istituti penitenziari - recita l'imputazione - cagionava o comunque non impediva il decesso di Sabatino Trotta.

Il gup Fabrizio Pasquale ha fissato l'udienza preliminare per il 15 giugno. Ruggero, difesa dagli avvocati Massimo Solari e Cristiano Bertoncini, secondo l'accusa impedì l'iter di prima accoglienza di Trotta richiedendo, dopo la prima visita di medicina generale, un colloquio immediato del detenuto presso di sè, inducendo Trotta a chiedere il differimento del colloquio psicologico che rappresenta la seconda e cruciale fase dell'iter di prima accoglienza, procedura finalizzata a individuare fattori di rischio suicidiario e che avrebbe potuto far emergere segnali di disagio e sofferenza dello psichiatra, tenuto conto del rilevante clamore mediatico della notizia dell'arresto dell'allora dirigente medico dell'Asl di Pescara che in cella aveva il televisore, dell'approssimarsi dell'interrogatorio di garanzia, del fatto che per Trotta era la prima esperienza in carcere e in isolamento per via delle disposizioni Covid.

Sempre secondo l'accusa, la Ruggero omise di accertarsi che Trotta, nuovo giunto, avesse completato il previsto percorso di accoglienza e sostegno, interrompendo l'espletamento del preliminare colloquio con lo psicologo del carcere, presente in quel momento, che si sarebbe dovuto svolgere nel più breve tempo possibile, impedendo pertanto il ritiro di oggetti pericolosi nel disponibilità di Trotta, tra cui il laccio usato per suicidarsi, e la perquisizione di Trotta e la sua sottoposizione al regime di grande sorveglianza o di sorveglianza a vista, tenuto conto anche del fatto che prima di suicidarsi aveva assunto cocaina nella propria cella, violando circolari, ordini di servizio e piani di prevenzione delle condotte suicidiarie.

Quanto a Caiazza, difeso dall'avvocato Maria Concetta Berardinucci, secondo l'accusa nonostante fosse stato adibito alla sorveglianza dei detenuti della sezione in cui si trovava Trotta, dalle 20,43 alle 23,34 ometteva di fare ingresso nella sezione dove si trovava la cella di Trotta, ubicata a pochi metri dal posto di servizio degli agenti, e ometteva di provvedere attentamente alla sorveglianza di Trotta, attività facilmente esperibile anche mediante lo spioncino sulla porta della cella, atteso che Trotta aveva avuto il tempo di porre lo sgabello sotto alla finestra, di legare il laccio dei pantaloni al gancio della finestra nonché di assumere cocaina.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA