ike Pompeo spera, ma non assicura che la vicenda potrà risolversi. E d’altronde oggi ha voglia di parlare d’altro. I suoi occhi si illuminano quando il sindaco Angelilli gli consegna un prezioso dono: un libro nel quale ci sono gli atti di nascita e di matrimonio della sua famiglia e una pergamena che ricostruisce il complicato albergo genealogico dei Pompeo. Un albero che lo stesso Segretario di Stato Usa ha “corretto” poco prima che andasse in stampa, perché le ricerche fatte dal Comune indicavano in Paolo il suo bisnonno: «Carlo, il padre di mio nonno si chiamava Carlo» ha spiegato, che era uno dei sette fratelli (tra cui Paolo) nati dal secondo matrimonio del trisavolo Giuseppe. «Vale molto più questo dono che la cittadinanza onoraria» taglia corto il sindaco, rispondendo alle polemiche dell’opposizione che ha rimproverato la segretezza e la poca preparazione per l’evento.
Il lavoro, però, è stato molto per l’accoglienza: le misure di sicurezza gestite dalla Cia, oltre che dalle forze dell’ordine locali, sono ferree: bonifiche alla stampa, ai locali, alle strade, cecchini appostati dietro le finestre. Lungo le strade del paese, però, non c’è tensione, ma aria di festa: le bandiere a stelle e strisce che sventolano dai balconi insieme ai tricolori, la gente che applaude, lo chiama, lui che risponde e si ferma a parlare con i ragazzini, con le vecchiette, le strette di mano e i sorrisi. Poi giù nella Taverna de li Caldora, uno dei ristoranti più rinomati della regione: Mike Pompeo stravolge i tavoli, chiedendo al suo staff di mettersi in un’altra sala. Lui tenta di pranzare sulla terrazza vista montagna con la moglie Susan, ma il tempo, fino ad allora clemente, lo costringe a rientrare. Il menu è rigorosamente e per esplicita richiesta di Pompeo, tutto abruzzese: sagne ricce con ricotta e guanciale per lui, pappardelle ai porcini per lei, e poi arrosticini e pizza dolce, bagnati da birra artigianale abruzzese (per lui) e vino montepulciano d’abruzzo (per la moglie). Il conto glielo porta Gabriella Cercone, figlia del proprietario del ristorante: »Cinquantaquattro euro di conto - racconta - e venti dollari di mancia. Che ovviamente incornicerò».
C’è ancora il tempo per una scappata nella sede municipale per autografare il libro delle origini: «E’ stato meraviglioso visitare il luogo dei miei avi» scrive di suo pugno. Poi la passeggiata a Sulmona, l’accoglienza del sindaco Annamaria Casini e due passi lungo corso Ovidio per ammirare uno dei centri storici più belli d’Abruzzo e per fare qualche acquisto. Da un orefice, “Arte oro”, prima, dove Pompeo, o meglio la moglie Susan, compra quattro ciondoli in filigrana rigorosamente, anche questi, della tradizione abruzzese tra presentose e tomboli e poi nel negozio di confetti “Di Carlo e figlio”, che ha preparato per l’illustre cliente fiori a stelle e strisce. «Ha preso fiori e confetti - racconta il negoziante - e ha voluto il mio numero di telefono, perché deve acquistare dei confetti per un amico del figlio che si sposa a fine mese». "Tornerò" dice Pompeo prima di risalire in auto: il sole è andato via, comincia a scendere una pioggia intensa. La bella giornata è finita, il codazzo di auto e sicurezza sfreccia via passando davanti all’acquedotto medievale e a piazza Garibaldi, tra monumenti e montagne che Mike Pompeo ricorderà e racconterà al padre Wayne e ai suoi figli, per curare le radici.
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