ORE 3.32
L'AQUILA Da tredici anni ogni 6 aprile, ma forse è riduttivo associare il dolore a un solo giorno, il lutto ma anche la memoria e il ricordo all'Aquila si fanno sentire più forti. Una data impressa, come un tatuaggio, sul cuore e sulla pelle di ognuno, ancor di più certamente in chi ha perduto qualcuno di caro. Gli aquilani (in 1.200) quest'anno sono tornati comunità, sono tornati a condividere il lutto collettivo e il ricordo attraverso la fiaccolata che solo la pandemia è riuscita a interrompere per due anniversari consecutivi. Le luci delle fiaccole sono tornate ad illuminare le vie del centro e i palazzi, alcuni ricostruiti, altri no. Ci sono ancora su alcuni muri fiori e foto delle vittime. I volti di bambini, a volte, che sotto le macerie si sono addormentati. Gli occhi di chi ha perso un familiare sono uguali ogni anno. Per loro il tempo non è passato. Sono andati avanti processi, questioni, ma per chi ha perso qualcuno il dolore è come allora.
Il punto di ritrovo al tribunale si è subito riempito di persone. La voglia di partecipare era tanta, ingenti pure le misure di sicurezza. Commozione e dolore dinanzi alla Casa dello Studente o meglio all'area dove sorgeva perchè quella struttura che ha spezzato i sogni di tanti studenti e di chi ci lavorava non c'è più. Al Parco della Memoria, la lettura dei 309 nomi squarcia il silenzio della notte. Un momento commovente l'abbraccio tra L'Aquila e l'Ucraina perché il braciere della memoria è stato acceso da due atleti della nazionale di ciclismo ospitati in città Valeria Kononenko e Khotulov Denys, con un vigile del Fuoco. «Ci rendiamo conto- racconta Valeria- della situazione dell'Aquila e di ciò che ha vissuto la città e siamo vicini agli aquilani. Da noi purtroppo oggi la situazione è molto difficile, cadono bombe ogni ora, grazie a questa città che ci ospita».
MANCAVA ANTONIETTA
La fiaccolata è finita lì quest'anno e non in piazza Duomo dove, alle Anime Sante, s'è tenuta la messa e alle 3.32 i 309 rintocchi. Mancava Antonietta Centofanti. Aprile, di tutti i mesi, è quello più crudele che si è portato via anche lei, anima del Comitato dei familiari delle Vittime.
Nel discorso riferimenti alla guerra, non è stata casuale la scelta di far accendere il braciere ad un ucraino: «È stata- ha spiegato- una sorta di passaggio di testimone per dire che il loro dolore è il nostro e che li esortiamo a tenere viva la speranza nonostante l'orrore della guerra e la disperazione di una comunità dispersa che, ne siamo convinti, si ritroverà più unita e forte di prima, nel nome di quel coraggio messo in campo a difesa della propria libertà». Ha citato Zlata, la prima bimba ucraina venuta alla luce nell'ospedale della città. Tenere viva la speranza per lei e per i 309 angeli, vittime di un destino ingiusto. Ha parlato poi della scelta della spilla che ritrae un bulbo di zafferano per ricordare il 6 aprile. Il sindaco ha ricordato le vittime di tutti i disastri, come voleva l'indimenticabile Antonietta Centofanti. Oggi si piangono e ricordano pure i morti della pandemia e della guerra. Per il sindaco la città negli ultimi cinque anni è tornata a essere viva, piena di progetti. «Il dolore delle vittime- ha concluso- è parte della nostra identità e lo affrontiamo giorno dopo giorno. Il nostro auspicio è che il fiore della memoria possa toccare i cuori dei potenti del mondo, diventando anche un simbolo di pace e progresso per tutti».